22 dicembre
Oggi, ma nel 2000, a Roma, in via Tomacelli, alle 12.05, Andrea Insabato, di 41 anni, già militante di Terza posizione, organizzazione extraparlamentare di estrema destra, rimaneva ferito agli arti inferiori -ma gli verrà anche amputata una falange della mano sinistra, al Policlinico Gemelli- a causa della miccia corta utilizzata durante il tentativo di far saltare in aria la sede del quotidiano comunista “Il Manifesto”, situata al terzo piano, con un petardo artigianale confezionato con 10 chilogrammi di polvere da cava. Molti i danni strutturali alla redazione, ma nessun giornalista restava coinvolto nella deflagrazione.
L’attentatore (nella foto, particolare il primo piano durante la manifestazione di due giorni prima, 20 dicembre, tenuta nell’Urbe, pro Joerg Haider, governatore “di destra” della Carinzia austriaca, che aveva donato l’albero di Natale da posizionare in piazza San Pietro, sull’articolo del foglio meneghino “Corriere della Sera”, del 25 novembre 2006), inizialmente componente dei Nuclei armati rivoluzionari, agguerrita sigla dell’eversione nera durante i cosiddetti anni di piombo, poi transitato in Forza nuova nonostante le categoriche smentite del leader Roberto Fiore, dopo il già menzionato passaggio in Terza posizione, era considerato un lupo solitario che avesse agito, verosimilmente, senza complici. Di fatto colpiva il giornale fondato, nella Capitale, il 23 giugno 1969.
“Il Manifesto” era sorto quale scissione del gruppo di scontenti dissidenti dall’Unità, organo del Partito comunista italiano -poi espulsi dallo stesso partito- capeggiato da Rossana Rossanda e da Lucio Magri e che si era posto più a sinistra del Pci. Insabato verrà condannato a 12 anni di reclusione per strage, ma non sconterà totalmente la pena. Seguiterà a dichiararsi innocente e a sostenere reiteratamente che il giorno della bomba fosse andato solo a domandare informazioni sulla prevista manifestazione in favore della Palestina. Il 22 novembre 2006 farà visita nuovamente al quartier generale del “Manifesto”: per ringraziare ufficialmente i vertici della testata per averlo soccorso, salvandogli così la vita, quando era a terra dopo lo scoppio.