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28 marzo

28 Marzo 2025

Oggi, ma nel 1868, a Napoli, rientrava in porto dopo aver portato a termine la circumnavigazione del globo, in 870 giorni, la pirocorvetta “Magenta” della regia Marina militare italiana ed era la prima imbarcazione da guerra a compiere una simile impresa. Avevano preso parte all’impresa, che veniva accolta con gelida indifferenza, 297 militari tra ufficiali e marinai che erano salpati, il 2 febbraio 1866, da Montevideo, in Uruguay, e diretti all’isola di Giava, in Indonesia, come prima meta, con 2mila lire di stanziamento governativo per portare a termine la missione. Costruita nell’arsenale mediceo di Livorno, su progetto dell’ingegnere navale livornese Giuseppe Micheli, che ne era il direttore, già costruttore di navi per la forza da guerra marittima del Granducato di Toscana, la “Magenta” (nella foto, particolare, il disegno tratto dal frontespizio del libro “Viaggio intorno al globo della regia pirocorvetta italiana Magenta negli anni 1865-66-67-68 sotto il comando del capitano di fregata Vittorio Arminjon”, scritto dal naturalista Enrico Hillyer Giglioli, che era stato imbarcato a bordo su volere dello zoologo Filippo De Filippi, zio dell’omonimo medico che sarà al seguito della grande spedizioni al monte Sant’Elia, del 1897, e sul K2, del 1909, guidate da Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi, e pubblicato nel 1875 dall’editore Maisner di Milano, con introduzione etnografica curata da Paolo Mantegazza e corredo di 18 illustrazioni fuori testo tra tavole e carte) era lunga 67,11 metri come fuori tutto e larga 12,95, era stata varata il 17 luglio 1862 ed era entrata in servizio il 22 dicembre 1863, verrà posta in disarmo tre giorni dopo il rientro nella città partenopea, quindi radiata il 21 marzo 1875 e demolita. Era stata inizialmente pensata proprio per il Granducato di Toscana, ma poi l’idea era transitata al regno di Sardegna e infine a quello d’Italia. Era costata 2 milioni 339mila lire, aveva lo scafo in legno rivestito da lastre di rame, era spinta da due caldaie a vapore, di marca “Penn & Sons” prodotte a Greenwich, in grado di imprimere 1900 cavalli ad una singola elica. Ma la struttura era ottimizzata per poter navigare a vela. I rilievi scientifici campionati durante l’itinerario -soprattutto gli avvistamenti delle balene- erano di tutto rilievo e confluiranno nel patrimonio del Museo zoologico “La Specola” di Firenze del quale Hillyer Giglioli sarà direttore fino alla morte, che avverrà il 16 dicembre 1909, poi la collezione transiterà nel possedimento del Museo nazionale preistorico etnografico di Roma.