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3 gennaio

3 Gennaio 2025

Oggi, ma nel 1722, a Napoli, nel Teatro dei Fiorentini, veniva fieramente rappresentata per la prima volta “Li zite ngalera”, ossia “I fidanzati in prigione”, l'opera comica, in dialetto, in tre atti, ambientata a Vietri sul mare in provincia di Salerno, del drammaturgo partenopeo Leonardo Vinci, ritenuto dagli addetti ai lavori tra i maggiori esponenti della scuola teatrale barocca sorta all’ombra del Vesuvio, caratterizzata da spiccata melodiosità, basata sul libretto di Bernardo Saddumene.

Quest’ultimo era, secondo gli studiosi, con buona probabilità lo pseudonimo di Andrea Bermudes, funzionario di corte del regno borbonico di Carlo VII, nel 1734, nella fase di trapasso dal governo degli Asburgo di Carlo VI. “Li zite ngalera”, che sarà anche tradotto come "Gli sposini sulla nave", avrà talmente tanto successo che le repliche perdureranno per tre anni. Poi diverrà un classico imprescindibile del repertorio nei principali palcoscenici del Belpaese (nella foto, particolare, un’immagine della recita inserita, per la prima volta, nel cartellone della Scala, a Milano, dal 4 al 21 aprile 2023, per la regia di Leo Muscato, orchestra di casa diretta da Andrea Marcon e scene di Federica Parolini).

Vinci, originario di Strongoli, in quel di Crotone, classe 1690, era stato allievo di Gaetano Greco, reputato tra i più influenti maestri di composizione della città in contrappunto col ruolo giocato dall’incommensurabile Alessandro Scarlatti nel contesto della cosiddetta napoletanitudine, nonché vero punto di riferimento come organista, nel blasonato Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo del capoluogo campano. Vinci, insieme a Leonardo de Leo, altro grande calibro del panorama a cavallo tra Seicento e Settecento nel Golfo, era tra i fautori del trionfo del genere 'buffo' in zona. “Li zite ngalera” sarà, dall’1 all’8 gennaio 1729, il primo esperimento di commedia che verrà portato in scena fuori dal circondario della capitale del regno delle Due Sicilie, nella Roma papalina di Benedetto XIII, nel teatro voluto da Pompeo Capranica, col titolo “La costanza”, con la rielaborazione in toscano dello stesso Saddumene e strumentazione arrangiata da Giovanni Fischietti, e incasserà anche un buon riscontro in termini di gradimento da parte del pubblico.