CARTA MONDO
Chi ha paura dell'architettura fascista?
La storica della New York University Ruth Ben-Ghiat è diventata famosa in Italia dopo l’intervento pubblicato sul New Yorker in cui ha sollevato la questione della permanenza dei monumenti fascisti nel nostro Paese. Chi ha letto la notizia sui giornali italiani ha capito che Ruth Ben-Ghiat proponeva di cancellare l’architettura fascista dalle nostre città. Una tesi che meriterebbe un’alzata di spalle e via. Intervistata da Paolo Mastrolilli sulla Stampa, la studiosa americana ha precisato di non aver mai scritto di voler abbattere i monumenti e gli edifici fascisti. Anzi, il modernismo italiano le piace. Lo ha anche studiato all'università, dove ha fatto una tesi sull’architetto Giuseppe Terragni. Il suo, ha aggiunto, era “un appello alla sensibilizzazione, lanciato mentre la destra risorge un po’ ovunque in Europa, per riflettere su come interagire con questi edifici e con l’eredità storica a cui sono legati”. Perché, dice la Ruth Ben-Ghiat, quegli edifici non sono neutri ed è sbagliato decontestualizzarli, come sembra aver fatto da premier Matteo Renzi, quando “aveva annunciato la candidatura di Roma alle Olimpiadi sotto il dipinto Apoteosi del Fascismo. Non credo che ci avesse pensato, ma questo è un problema: la normalizzazione dell’eredità fascista”. L’argomentazione è interessante e non banale. E stimola anche a ritrovare nel nostro Abruzzo le tracce di quella stagione (utile è il volume “La costruzione del regime”, di Raffaele Giannantonio - Edizioni Carabba): dal centro turistico del Gran Sasso al Palazzo del governo di Pescara, dall’Opera nazionale dopolavoro di Chieti, alla piazza della Fontana luminosa all’Aquila.