PALLA AL CENTRO
Fontecchio, l'estate della consacrazione
E’ stata l’estate della consacrazione per Simone Fontecchio, il nuovo asso della pallacanestro italiana. Prima l’ingaggio in Nba con l’Utah Jazz, poi il salto di qualità compiuto in Nazionale.
Nell’Italbasket di Pozzecco (c’è anche il teatino Giampaolo Ricci) che si prepara agli Europei è diventato un punto di riferimento. Una certezza. L’ala forte abruzzese, le cui radici si dividono tra Pescara e Francavilla, ha trovato la sua nuova dimensione lontano dalla serie A italiana. Esattamente nell’estate del 2020 quando, in pieno Covid, ha deciso di emigrare, dopo l’esperienza di Reggio Emilia.
Il fascino dell’Eurolega lo ha convinto ad accettare l’offerta arrivata dall’Alba Berlino, in Germania. E a scommettere su se stesso fresco papà di Bianca. Un esame di maturità superato a pieni voti anche a livello personale a tal punto che l’estate successiva si è trasferito in Spagna dove ha firmato per il Saski Baskonia.
Sulle ali dell’entusiasmo il 26enne figlio d’arte non solo si è confermato, ma ha attirato su di sé gli occhi dell’Nba. La chiamata dagli States, quindi, è risultata una logica conseguenza di un percorso graduale e imperterrito. Una crescita a livello fisico, mentale e tecnico.
Un’ascesa inesorabile fino ad arrivare nell’olimpo del basket mondiale e ad essere un beniamino azzurro. Non poteva essere altrimenti, sostiene chi lo conosce bene. D’altronde in famiglia (il 31enne fratello Luca è anche lui impegnato nel basket) ha avuto esempi illuminanti e cromosomi inalterabili. Simone Fontecchio, infatti, è figlio di Daniele, ex ostacolista azzurro nell’atletica leggera, e di Malì Pomilio, che nel basket ha collezionato successi e trofei fino ad entrare nella storia del movimento femminile.
Buon sangue non mente. Sì, perché alle spalle di questo ragazzone diventato uomo emerge, su tutte, la figura del nonno, l’ingegner Vittorio Pomilio, giocatore della Stella Azzurra Roma e della Nazionale di basket sul finire degli anni Cinquanta.
«Il nonno è il mio primo tifoso», dice sempre Simone, «e, dopo aver trasmesso la sua incredibile passione a mamma, ha seguito i primi passi sotto canestro miei e di mio fratello maggiore Luca».
Un predestinato Simone Fontecchio. Vederlo brillante ed efficace oggi fa tornare in mente gli inizi nel Vivavilla e negli altri club abruzzesi che lo hanno tenuto a battesimo prima del decollo verso Bologna, sponda Virtus, prima tappa di un percorso che lo ha portato al top del basket mondiale facendo avverare il sogno di nonno Vittorio e dei genitori. Oltre che dell’Abruzzo del basket.