L'omelia di don Vasco Paradisi
Il 7 agosto 2010 per il secondo anno consecutivo ho ricordato il compleanno di mio figlio Domenico (ne avrebbe compiuti 19) con una messa in memoria e con la presentazione del libro "Il secondo terremoto" ideale prosecuzione di Quant'era bella la mia Onna. L'omelia durante la messa è stata di don Vasco Paradisi, sacerdote per decenni in Sardegna che ho conosciuto, ammirato , apprezzato dopo il sisma e del quale sono diventato amico. Ecco il testo dell'omelia.
Dopo la parola della fede, la parola dell’amicizia.
Come sempre quando vengo ad Onna, lo faccio in punta di piedi per rispettare, così, la fierezza e la compostezza con cui avete affrontato la immane tragedia del terremoto.
Come molti, mercoledì 4 agosto, ho letto l’articolo di Giustino, dove semplice cronista di se stesso, racconta che “dopo dodici mesi rispuntano l’anello nuziale e pezzi di una vita strappata”.
Per me il cuore del pensiero comunicato a tutti risiede in queste parole: “La mia è la fame della memoria che si alimenta soltanto di un dolore senza fine”. Affermazione che non faccio fatica ad immaginare comune a tutti quelli, e sono tanti ad Onna, oltre che terremotati nei beni distrutti, terremotati anche negli affetti, nel cuore.
Il ricordo del giovane Domenico, oggi, non è occasionale ma si ricorda quello che sarebbe dovuto essere il suo 19° compleanno.
Perdere i figli, per lo più giovanissimi, in occasione inaspettata e tragica come quella tremenda notte del 6 aprile 2009 è come se qualcuno (per dirla con Giustino) , “L’orco nero” ti strappasse le pupille dei tuoi occhi e questo sono i figli Domenico e Maria Paola. E’ buio e disperazione; quello che ci ha raccontato lucidamente nell’articolo recentissimo del Centro, Giustino Parisse.
Da quella notte “un fiume di dolore” ha inondato le nostre terre e i nostri paesi.
Mi sono domandato anch’io, dove era Dio, dov’è Dio?
Permettetemi una breve digressione. Porto sempre con me la Bibbia, ed è ovvio che nei momenti di smarrimento, avidamente, la consulto.
E pensando a questa Eucarestia, aprendola, mi sono trovato di fronte questa esortazione di S. Paolo “Aggiungere quello che manca alla passione di Gesù” . Teologicamente non manca niente perché è un atto infinito di un uomo che è anche Dio. E allora che cosa vuol dire S. Paolo?
Mi piace spiegarmi così: ripensando alla nostra vita, tante volte quelli che ci circondano si danno un gran da fare per convincerci che siamo dei buoni a nulla. Dove sta Dio? Dio sta nelle nostre case, sta nelle nostre strade, Dio sta in ogni luogo dove c’è un crocifisso in carne e ossa, che volente o nolente, è costretto a portare la croce. La parola di Dio è profetica ma, anche misericordiosa.
Mi spiego: normalmente porto al collo una croce di legno senza crocifisso. Sovente mi viene domandato perché non c’è il Crocifisso. Racconto la mia esperienza. Il 19 agosto del 1994, nel primo pomeriggio, arrivò inesorabile il primo ictus cerebrale che si ripetè entro le 48 ore. Solo, sul pavimento in un seminario deserto; prima smarrimento e poi quella rabbia petulante che invoca: ma perché proprio a me. Passa forse un mezzoretta e torno alla razionalità.
Incrocio il Crocifisso e penso quanti in questo momento come me si trovano per terra o sul letto di una casa, nelle stesse condizioni. Con quale coraggio pretendo il miracolo. E gli altri? Non posso, siamo tutti figli di Dio. Questo però _ dissi _ Signore, te lo posso chiedere: mettiti in nostra compagnia, prendici per mano e aiutaci a capire il valore redentivo del dolore.
Era familiare ai nostri vecchi il detto “Per crucem ad lucem”. Non sempre incontro la luce, ma sono certo che da quel giorno unitamente a quasi tremila handicappati cammino sereno, certo, per misericordia, di entrare nella luce senza fine.
Mi piace consegnarvi questa frase di uno scrittore cattolico a me caro, Giovanni Papini:
Non temete la morte, ma soltanto l’inutilità della vita”.
Don Vasco Paradisi
Omelia 7 agosto 2010 a Onna.