Foto di Laura Pannack

La nuova cortina di ferro che separa gli amori

La nuova cortina di ferro è una linea invisibile, immateriale, che divide amori e affetti e li condanna, qualche volta appena per qualche centinaio di metri, allo struggimento per decreto ministeriale. Una linea di confine invalicabile, a volte una strada, un fiume, un ponte e a volte solo un cartello bifronte con scritto da una parte Abruzzo e dall'altra Marche, o Lazio, o Molise. Parole, semplici parole, che nel dizionario dell'amore vogliono dir meno di niente, ma in quello della politica sono verità incise sulla pietra.
La politica ti dice che puoi viaggiare per chilometri e chilometri, in lungo e in largo attraversando autostrade e campi se hai una buona scusa per farlo.
Ma non quella linea, quella del confine regionale. Quella no, non la puoi attraversare neanche per un metro. Neanche per quella carezza che sogni da tre mesi mentre sfiori lo schermo freddo del computer dove c’è la faccia di lui. Neanche per quel bacio che hai incollato infinite volte sul vetro del cellulare a incontrare le labbra virtuali di lei, dopo averlo disinfettato bene bene con l’Amuchina.
La quarantena dei sentimenti è quella più lunga di tutte. L’amore a distanza non riapre per ora: lo farà ben dopo i bar e i ristoranti, ben dopo i parrucchieri.
Nella miopia dei regolamenti c’è scritto che puoi prendere la bicicletta e, vestito da ciclista, percorrere cento chilometri da nord a sud e ritorno per sgranchirti un po’ le gambe. Puoi guidare da un confine all’altro, 130 km per pranzare con il figlio di tuo cugino. Ma se vivi vicino a quella linea di demarcazione, i pochi chilometri che separano una regione dall’altra sono una distanza infinita. Lui di qua, lei di là, separati da un muro immateriale. E la scusa “innamorato” scritto sull’autocertificazione non servirà ad aprire nessuna porta. È la triste condizione di chi non ha “carte” per giustificare, perché il desiderio, la nostalgia, non son cose che valgono.
Che colpo per la generazione Erasmus, abituata a viaggiare in un’Europa senza porte e confini. I nostri spazi sono diventati piccoli, non più Europa e neanche più Italia. Speriamo che, nell’attesa di tornare liberi, non diventino troppo piccoli anche i nostri orizzonti mentali.

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