CARTA MONDO
Lo Zimbabwe e la politica dei pasti gratis
Torna in auge il vecchio concetto del “pasto gratis”. Ossia l’idea, cara a certi economisti, in particolare a quelli del turbo-liberalismo, che non esistono in natura e in economia regalie gratuite. Perché prima o poi qualcuno te ne chiederà conto (e ti porterà anche il conto). Fuor di metafora e semplificando al massimo, vuol dire che la politica non può fare elargizioni senza che a pagarne lo scotto sia il Paese tutto. Lo scrive in un editoriale del Corriere della sera Angelo Panebianco ricordando il fallimento di due stati come lo Zimbabwe di Mugabe e il Venezuela di Chavez-Maduro. Concludendo in un rapido passaggio di continenti, storie, vicende, ideologie, con l’ammonire il giovane leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio a non “proporre soluzioni economiche che ci porterebbero verosimilmente alla bancarotta”. Ora, anche per chi non ha mai frequentato la Repubblica del Vaffa, l’accostamento del 92enne Mugabe e del populista Maduro al trentenne Di Maio appare alquanto fuori fase. C’è una certa differenza tra le politiche predatorie dei due dittatori e l’idea non priva di fondamento di un reddito minimo garantito a tutti (abbiamo parlato di una cosa analoga su questo blog citando l’economista belga Philippe Van Parijs). E poi sull’effetto del pasto gratis sull’economia non tutti sono d’accordo. I keinesiani, per esempio, hanno teorizzato l’effetto moltiplicatore dei pasti gratis. Apprendiamo per esempio da “Keynes blog” che “il capo economista di Moody’s, Mark Zandi, ha spiegato che l’effetto moltiplicatore dei buoni alimentari destinati alle persone povere frutta alla ricchezza nazionale in un anno 1,76 volte la spesa”. Perché i pasti vanno comunque acquistati, muovono l’economia e alimentano il sistema fiscale. Per dire infine, con il clintoniano Lawrence Summers, che "semplificare in maniera eccessiva il concetto “nessun pasto gratis”, rende l’economia" (e la politica) "una scienza davvero triste".