«Annamaria non può essersi suicidata» 

I carabinieri della Sis e del Ros spiegano in aula le indagini che incastrano il marito Di Nunzio: mancano appigli al soffitto

LANCIANO. La mancanza di appigli o ganci al soffitto per mettere in atto un eventuale proposito suicidario, nessun segno di nodo o deformazione sui cavi elettrici che, anzi, si sarebbero rotti sostenendo un peso ben inferiore a quello della vittima. Per i carabinieri della scientifica, insomma, non ci sarebbe alcuna evidenza tecnica del fatto che il 15 luglio 2022 Annamaria D'Eliseo abbia compiuto un gesto volontario nella rimessa-garage dell'abitazione di via Iconicella. È quanto emerso nella terza udienza del processo in Corte d'assise per omicidio volontario aggravato che vede imputato il marito della vittima, Aldo Rodolfo Di Nunzio, 72 anni, accusato di aver strangolato la bidella 60enne e di averne inscenato il suicidio. Davanti alla corte, presieduta dal giudice Giovanni Nappi - a latere Maria Rosaria Boncompagni - sfilano tre nuovi testi del pm Mirvana Di Serio.
Inizia il brigadiere capo del Norm di Lanciano, Andrea Di Risio. Ascolta i resoconti anche l'imputato, giunto dal carcere di Teramo e difeso dagli avvocati Alberto Paone e Nicola De Fuoco. Presenti poi i figli della coppia, parti civili nel processo e patrocinati dall'avvocato Elisabetta Merlino, e l'associazione Dafne Ets, patrocinata dall'avvocato Pina De Benedetti. Nell'aula al terzo piano del tribunale sono comparsi dei televisori, sui quali il maresciallo capo Marco De Donno, della Sezione investigazioni scientifiche (Sis) di Chieti, mostra foto e video della cantina dove due anni fa è stato ritrovato il corpo senza vita di Annamaria D'Eliseo. «C'era grande disordine, ma non segni di colluttazione», specifica De Donno che mostra poi la zona in fondo a destra, delimitata da una trave e illuminata da una lampadina, dove era il cadavere della donna: «Non si evidenziano appigli o ganci che possano giustificare un'azione di impiccagione. La porzione di soffitto sopra al corpo era completamente invasa da una formazione di ragnatele intatta». Sul video viene mostrato anche il povero corpo di Annamaria, steso supino a terra, il braccio destro alzato e i piedi nudi accavallati. «Non ci sono lesioni visibili né segni di trascinamento deducibili, per esempio, dai talloni», commenta De Donno, soffermandosi poi sul solco presente sul collo: «Ha un decorso orizzontale, piuttosto verso il basso, invece in casi di impiccagione sarebbe verso l'alto, verso l'orecchio». Dieci le porzioni di cavi repertati, di cui la più lunga è di 180 centimetri. «Nessuna presenta nodi o allungamenti, ma segni netti da taglio meccanico. Due cavi, lunghi 28 centimetri, hanno le estremità parallele: a noi ha fatto pensare a un filo utilizzato a mo' di maniglia per un'azione di strangolamento».
Il capitano Livia Lombardi del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Roma relaziona sull'analisi dei cavi elettrici e sulle prove di trazione eseguiti su di essi: «Sulle 10 porzioni di cavo, della lunghezza complessiva di circa 5 metri, sono state individuate 36 microtracce di un ampio mix di materiali - pelle, terriccio, materiale laterizio - che si trovavano nella cantina. Erano presenti pieghe ma non nodi né deformazioni; in due porzioni di cavo è stata riscontrata una forma fortemente ripiegata. Dall'esito delle prove di trazione, il carico a rottura del cavo si osserva a circa 54 chili». Annamaria D'Eliseo ne pesava circa 75. «Le prove sono state effettuate su un cavo singolo, ma alcune porzioni avevano una piegatura. Un cavo doppio poteva sostenere un peso diverso, è una valutazione che faremo», precisa l'avvocato De Fuoco. La prossima udienza si terrà l'11 ottobre: sarà sentito il genetista dei Ris, Giovanni Sechi, e i 5 figli della coppia. Il 5 settembre, intanto, la Cassazione si pronuncerà sulla revoca della misura cautelare in carcere dell'imputato chiesa dalla difesa.
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