Arriva al Marrucino “Le Baruffe” pièce della Caiani
Sul palcoscenico l’associazione “Da grande voglio crescere” La compagnia teatina si cimenta con il teatro dialettale
CHIETI. L’idea risale a quasi venti anni fa quando un gruppo di insegnanti e genitori dei bambini della scuola primaria di via Bosio, nella consapevolezza che nella vita c’è sempre da imparare, diede vita all’associazione “Da grande voglio crescere”. Un progetto formativo ambizioso e stimolante con finalità sociali nel campo della cultura, dell’istruzione e dell’educazione ambientale. Nel progetto un laboratorio teatrale che, nel corso degli anni, è poi cresciuto per davvero coinvolgendo anche studenti universitari e appassionati di teatro della zona. Regista e attrice del gruppo, composto da circa venti attori, è l’insegnante Carmela Caiani, legittimamente orgogliosa del recente successo ottenuto nella rassegna “Aspettando il Premio Marrucino” con lo spettacolo “Lu ciele dendr’a ‘na stenzie”. «È stata la nostra prima esperienza di teatro dialettale», dice la Caiani, fondatrice ed anima del gruppo assieme a Raffaella De Thomasis, Cinzia Di Vincenzo e Antonella De Luca, «frutto di un intenso lavoro che ha finito per proporre varie scene di vita quotidiana con i difficili rapporti che spesso si vengono a creare tra le persone a fare da filo conduttore. Genitori e figli, anziani con le badanti, colleghi, vicini di casa ed altro ancora. Più di un sorriso, magari anche amaro, e tanta umanità variegata». E ora arriva la partecipazione all’annuale rassegna dialettale dello stesso Teatro Marrucino. L’appuntamento è per venerdì prossimo, 23 marzo, con “Le Baruffe”, trasposizione in lingua e cultura abruzzese curata da Sandro Cianci, della celebre commedia di Goldoni. In scena Valerio Abate, la stessa Caiani, Gianfranco Cesarone, Gemma Chiavaroli, Mariantonietta Ciarciaglini, Antonella De Luca, Annalisa Di Credico, Tiziana Di Federico, Brunella Di Miero, Loredana Di Muzio, Gianluca Di Vincenzo, Dario Fabrizio e Mauro Terregna. L’opera propone le schermaglie amorose di un gruppo di pescatori e delle loro donne e si apre con una domanda sulle condizioni meteorologiche: «Che vo’ fa su’ tempe?» Con il garbino, vento capriccioso e improvviso, a rappresentare appunto la vita in un susseguirsi di fatti apparentemente uguali eppure sempre diversi. «Una piccola comunità in perenne litigio», conclude la regista, «che possiede comunque una solidarietà intrinseca, in grado di trasformare piccole cose in valori fondamentali». Un gruppo che cresce, dunque, con qualche normale avvicendamento nel corso degli anni. Assolutamente eterogenea la composizione tra impiegati, professionisti, commercianti, militari, insegnanti, operai, infermieri e studenti. Ma, soprattutto, un gruppo di amici che abitualmente si incontra ogni lunedì sera per poi serrare i tempi delle prove in vista di uno spettacolo. Su il sipario.