Chieti, cade l'intonaco al liceo artistico: chiuse 4 aule
Scuola evacuata dopo il crollo di una striscia dal solaio nell'aula dei professori
CHIETI. Una striscia lunga circa 4 metri e larga 20 centimetri si è staccata improvvisamente, e senza motivo apparente, dalla sala professori del liceo artistico Nicola da Guardiagrele. Fortunatamente i docenti che erano nell’aula non hanno riportato ferite. Questa volta è andata bene. Ma che la scuola di via D’Aragona fosse in pessime condizioni lo sapevano tutti. Lo sapeva la preside, Paola Di Renzo, che da tempo chiede con forza alla Provincia, anche se invano, una sede nuova per l’istituto. Lo sapevano i genitori degli oltre 200 studenti che hanno chiesto interventi alla dirigente scolastica. E lo ha pubblicato anche Il Centro, svelando gli indici di vulnerabilità di tutte le scuole abruzzesi. Quello dell’Artistico è bassissimo: 0,010, vale a dire quasi zero, il massimo grado della vulnerabilità sismica che un edificio può avere. Si salva solo la palestra, che ha un indice dello 0,571, più vicino cioè al valore massimo di sicurezza che è 1.
La striscia di intonaco e calcinacci cade senza un perché poco prima di mezzogiorno e mezzo. In quel momento nell’aula professori, al primo piano dell’edificio di via D’Aragona, c’è solo qualche docente. Nessuno si fa male, solo tanto spavento. Il regolamento interno della scuola prevede che in questi casi tutti i ragazzi vadano fuori dall’edificio. E così poco dopo mezzogiorno e mezzo viene ordinato lo sgombero. Arrivano anche i vigili del fuoco che, sotto la propria supervisione, permettono alle diverse classi di rientrare una alla volta solo per il tempo necessario per prendere zaini e giacche. A coordinare le operazioni c’è anche il professor Vincenzo Marinelli, che oltre ad essere un docente è anche il responsabile della sicurezza.
Nel frattempo per gli oltre 200 ragazzi è quasi una festa. C’è chi ha saltato l’interrogazione e chi ne ha approfittato per sgranchirsi le gambe e chiacchierare con gli amici. I docenti hanno un bel da fare a chiamarli uno per uno per radunarli sul marciapiede vicino a loro. Sono oltre 200 e per forza di cose invadono anche la carreggiata stradale. Alcuni si avvicinano ai vigili del fuoco per chiedere se chiuderanno la scuola, «almeno per un settimana». Ma i vigili rispondono che si saprà qualcosa solo dopo il sopralluogo tecnico che ci sarebbe stato nel pomeriggio. Passata però l’euforia dovuta al fuori programma, nel pomeriggio i ragazzi iniziano a riflettere in maniera più preoccupata sul fatto che fanno lezione in una scuola non sicura. E pensano anche allo sciopero. Se dovessero decidere per una manifestazione di protesta, questa volta la preside non starà lì a richiamarli intimando loro di tornare in aula. Perché lei è la prima a volere che docenti e studenti possano fare lezione in condizione di sicurezza. Interviene anche Sinistra Italiana con il segretario regionale Daniele Licheri che chiede sicurezza per questa scuola come per tutte le altre nella stessa situazione.
Nel pomeriggio, al termine del secondo sopralluogo tecnico insieme al funzionario Francesco Faraone, si decide di interdire l’aula professori, quella vicina e anche il relativo corridoio che consente l’accesso. Stessa interdizione anche al piano superiore nelle due classi corrispondenti. I ragazzi delle tre classi chiuse faranno lezione nei laboratori. Temporaneamente. Si spera.
La striscia di intonaco e calcinacci cade senza un perché poco prima di mezzogiorno e mezzo. In quel momento nell’aula professori, al primo piano dell’edificio di via D’Aragona, c’è solo qualche docente. Nessuno si fa male, solo tanto spavento. Il regolamento interno della scuola prevede che in questi casi tutti i ragazzi vadano fuori dall’edificio. E così poco dopo mezzogiorno e mezzo viene ordinato lo sgombero. Arrivano anche i vigili del fuoco che, sotto la propria supervisione, permettono alle diverse classi di rientrare una alla volta solo per il tempo necessario per prendere zaini e giacche. A coordinare le operazioni c’è anche il professor Vincenzo Marinelli, che oltre ad essere un docente è anche il responsabile della sicurezza.
Nel frattempo per gli oltre 200 ragazzi è quasi una festa. C’è chi ha saltato l’interrogazione e chi ne ha approfittato per sgranchirsi le gambe e chiacchierare con gli amici. I docenti hanno un bel da fare a chiamarli uno per uno per radunarli sul marciapiede vicino a loro. Sono oltre 200 e per forza di cose invadono anche la carreggiata stradale. Alcuni si avvicinano ai vigili del fuoco per chiedere se chiuderanno la scuola, «almeno per un settimana». Ma i vigili rispondono che si saprà qualcosa solo dopo il sopralluogo tecnico che ci sarebbe stato nel pomeriggio. Passata però l’euforia dovuta al fuori programma, nel pomeriggio i ragazzi iniziano a riflettere in maniera più preoccupata sul fatto che fanno lezione in una scuola non sicura. E pensano anche allo sciopero. Se dovessero decidere per una manifestazione di protesta, questa volta la preside non starà lì a richiamarli intimando loro di tornare in aula. Perché lei è la prima a volere che docenti e studenti possano fare lezione in condizione di sicurezza. Interviene anche Sinistra Italiana con il segretario regionale Daniele Licheri che chiede sicurezza per questa scuola come per tutte le altre nella stessa situazione.
Nel pomeriggio, al termine del secondo sopralluogo tecnico insieme al funzionario Francesco Faraone, si decide di interdire l’aula professori, quella vicina e anche il relativo corridoio che consente l’accesso. Stessa interdizione anche al piano superiore nelle due classi corrispondenti. I ragazzi delle tre classi chiuse faranno lezione nei laboratori. Temporaneamente. Si spera.