Chieti: la condanna di Angelini è definitiva
La Corte di Cassazione conferma gli 8 anni inflitti per la bancarotta di Villa Pini: adesso, rischia di finire dietro le sbarre
CHIETI. È stata confermata dalla Cassazione la condanna a 8 anni di reclusione per Vincenzo Maria Angelini, l’ex re delle cliniche private ritenuto colpevole della bancarotta del gruppo Villa Pini di Chieti. È arrivata ieri sera la sentenza sul crac da 116 milioni di euro. Restano identiche anche le condanne a 4 anni per la moglie Annamaria Sollecito e a 2 anni (pena sospesa) per la figlia Chiara. Per il grande accusatore di Sanitopoli rischiano di spalancarsi le porte del carcere. «Adesso si apre una vicenda umana», dice l’avvocato Vittorio Supino, difensore di Angelini, «bisognerà valutare se le sue condizioni di salute sono compatibili o meno con il regime carcerario».
Al momento Angelini, reduce da un intervento chirurgico, è ricoverato in ospedale. La Cassazione ha dunque confermato sostanzialmente la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, annullando solo le pene accessorie: su questo punto dovranno pronunciarsi i giudici di Perugia. «Nel ricorso», spiega l’avvocato Supino, «ho sostenuto che non era stata valutata la prova data dalle relazioni di parte. Inoltre il tribunale non aveva ritenuto di dover affidare una consulenza d’ufficio. Di conseguenza, a mio avviso, è emersa una evidente carenza di motivazione. Quanto alla posizione della moglie e della figlia, non capisco perché, se è vero come dicono che faceva tutto Angelini, i componenti del collegio sindacale di Villa Pini sono stati assolti già in primo grado e loro due no».
Ieri, in Cassazione, a chiedere il conto c’era anche l’Unicredit, la banca rappresentata dall’avvocato Pierluigi Tenaglia, costituita parte civile. Ha retto dunque fino al terzo grado di giudizio l’impianto accusatorio della procura di Chieti. La vicenda del gruppo Villa Pini parla di debiti accumulati dalla casa di cura nei confronti di fornitori, banche e dipendenti che sono rimasti per mesi senza stipendio. Si è consumata intorno a 12 società controllate dalla holding del gruppo, la Novafin, la presunta bancarotta di cui è stato ritenuto responsabile Angelini e che ha portato al fallimento di Villa Pini, formalizzato nella sentenza del tribunale di Chieti del 5 maggio del 2010. Il processo per il crac ha preso il via dall’inchiesta sulla sanità regionale condotta dalla procura di Pescara che sfociò negli arresti del 2008 e nelle successive condanne. L’ex re delle cliniche decise di vuotare il sacco di fronte alla magistratura pescarese accusando di aver pagato tangenti ai politici. Alla fine gli atti che riguardavano la bancarotta Angelini vennero trasferiti a Chieti per competenza territoriale. «Il processo è semplicissimo», affermò in primo grado l’allora procuratore capo Pietro Mennini, affiancato dal pm Giuseppe Falasca. «C’è la prova documentale che gli Angelini avevano confuso il patrimonio della società con quello personale».