Chieti sceglie il sindaco: vince chi sta tra la gente
La sfida degli otto: Argenio, D’Aloisio, Di Monte, Di Paolo, Di Primio, Febo Marcotullio e Raimondi. Caccia ai 45.198 elettori, il grosso a Chieti Scalo
CHIETI. Chi vince a Chieti tra gli otto sfidanti? Vince chi è stato più tra la gente. Chi ha preferito la vera piazza, i quartieri, gli occhi e i volti degli elettori. Non chi ha scelto la piazza virtuale dei social. Vince chi ha ascoltato la voce della città, si è fatto conoscere e riconoscere, consumando le suole per macinare chilometri e guardare in faccia i cittadini. Ciascuno degli otto candidati si faccia l’esame di coscienza perché chi ha passato il suo tempo dietro al computer, comodamente seduto alla poltroncina, difficilmente conquisterà la poltrona vera. Detto questo andiamo avanti per dire che la campagna elettorale più lunga e frazionata della storia di Chieti, con 864 aspiranti consiglieri, ha deluso. La prova del nove è semplice: chi di voi ricorda un’idea che sia riuscita a colpire l’immaginario collettivo? Sono poche, si contano sulle dita di una mano.
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Il resto è stato uno scambio di accuse, soprattutto di tipo campanilistico, cui si aggiungono i veleni e i colpi bassi dell’ultimora. Perché questa analisi è diventa importante? Perché tra due giorni toccheremo con mano di quanto si è allargato, oppure no, il divario tra la politica e la gente. Il termometro delle elezioni sarà l’astensionismo, in una città che ha peraltro frazionato in modo inusuale il voto con la bellezza di 23 liste. Si può dire che non ci sia un teatino che non abbia almeno un parente, anche alla lontana, inserito in una delle squadre e squadrette in corsa. Di porchette, arrosticini, progetti faraonici, posti di lavoro, e chi più ne ha più ne metta, si è parlato molto. Di progetti a lunga scadenza mai. L’occasione è persa, a meno che, come sembra molto probabile, il voto di domenica, concentrato in una sola giornata non decreti subito un vincitore. Allora, come gli studenti rimandati a settembre, i due competitor che si sfideranno al ballottaggio avranno la prova d’appello verso la città che aspetta risposte vere. Non virtuali sui social. Passiamo in rassegna gli otto, in rigoroso ordine alfabetico. Ottavio Argenio il pentastellato è la novità e al tempo stesso l’incognita. Il suo movimento è stato il più votato in città alle ultime regionali, se manterrà il livello saranno guai per gli altri. Antonello D’Aloisio, un salviniano di casa nostra nel senso che riesce a coniugare la politica leghista con moderazione, senza urlare e senza eccessi, certamente più in sintonia con Chieti. Roberto Di Monte, già ribattezzato il sindaco dello Scalo, gioca una partita tutta sua. Perché è allo Scalo che si decide il futuro sindaco, sia per il numero di elettori sia per le istanze che arrivano dalla gente. Istanze che la politica purtroppo sa ascoltare solo in campagna elettorale. Basta guardare lo Scalo infatti per toccare con mano il fallimento degli ultimi trent’anni d’amministrazione cittadina. Eppure la vitalità e lo spirito di impresa di chi abita a valle non hanno rivali nell’area metropolitana. Bruno Di Paolo, da vicesindaco del governo di centrodestra a competitor con grandi velleità. Ha triplicato le liste per aver più potere contrattuale. Tra le partite che ha finora giocato, e vinto, questa è per lui la più importante. Umberto Di Primio è partito con un handicap sia interno al centrodestra sia esterno per un’inchiesta a orologeria che poteva azzopparlo subito. Ma con l’ostinazione del salmone che risale la corrente, ha vinto la partita contro la fronda interna e poi ha tramutato l’avviso di garanzia in spot elettorale annullando il gap con il diretto avversario. Luigi Febo, lui non è partito con l’handicap, potendo vantare un legame diretto con il governatore Luciano D’Alfonso che però a Chieti viene visto con ostracismo campanilistico, ma vuoi mettere i vantaggi per la città di una filiera Comune-Regione? Il messaggio però stenta a passare, tocca a Febo rinvigorirlo. Donato Marcotullio, non nasconde le sue simpatie per Di Primio, vedremo dopo il 31. Infine Enrico Raimondi, ovvero il coraggio della coerenza. Che a volte paga e a volte no. Vincerà chi è stato più tra la gente.