Cristiano De Vincentiis, 52 anni

CHIETI

Ergastolo per aver ucciso la madre con 34 coltellate

Il delitto di Bucchianico: la condanna della Corte d'Assise a Cristiano De Vincentiis / I COMMENTI

CHIETI. Ergatsolo per omicidio volontario aggravato della madre 69enne: è la condanna inflitta a Cristano De Vincentiis, 52 anni, dalla Corte d'assise di Chieti con l'imputato che ha seguito il processo in videocollegamento dal carcere di Frosinone dove è rinchiuso.

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Le aggravanti contestate dal pm hanno fatto la differenza con le 34 coltellate inferte  il 19 ottobre del 2022 a Bucchianico alla  donna.

Il pubblico ministero Giancarlo Ciani, titolare dell'inchiesta, aveva chiesto l'ergastolo al termine della requisitoria. L'uomo, difeso dall'avvocato Gianluca Totani, è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e condannato al risarcimento dei danni alle parti civili ovvero le due sorelle della vittima, Paola De Vincentiis, assistite dall'avvocato Anna Olivieri.

La Corte presieduta da Guido Campli, a latere Enrico Colagreco, è rimasta in camera di consiglio per circa un'ora e un quarto. In avvio di udienza è stato sentito il professor Giovanni Battista Camerini: le risultanze della perizia da lui eseguita, su incarico della Corte, hanno stabilito che De Vincentiis era capace di intendere e di volere al momento del fatto. 

Il giorno dell'omicidio era stato lui stesso a dare l'allarme, mentre stringeva ancora nella mano il coltello insanguinato. All'origine della vicenda motivazioni di carattere economico, con liti dovute alla continua richiesta di soldi da parte del figlio alla madre per spese riguardanti la moto, viaggi e ristoranti.

Secondo l'accusa quella mattina De Vincentiis dormiva quando la madre, entrata nella stanza, lo colpì alla testa con la punta di uno schiaccianoci, e al petto con un coltello da cucina dotato di una lama di venti centimetri procurandogli una lesione lacero contusa di 5 centimetri.

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Sempre secondo l'accusa, l'uomo si alzò dal letto, e dopo aver intrapreso una colluttazione con la madre, ferendosi alla mano destra per sfilarle il coltello, in luogo di difendersi, neutralizzandola e potendosi anche allontanare dall'abitazione per chiedere aiuto, con quello stesso coltello la colpì per ben 34 volte in plurime parti del corpo, cagionando volutamente la morte della madre. 

«Credo che il dibattimento abbia dimostrato quanto ho cercato di dimostrare nel corso della requisitoria, rimane la vicenda umana ovviamente che attinge sia la vittima che il figlio», ha commentato il sostituto procuratore della Repubblica di Chieti, Giancarlo Ciani.

«Meglio non poteva andare, questo è il processo - ha commentato dal canto suo l'avvocato Gianluca Totani che difende De Vincentiis -. Noi pensiamo di aver fatto quello che dovevamo fare, di aver detto tutto quello che dovevamo dire, di aver evidenziato quello che secondo noi non torna nell'ipotesi accusatoria, la frattura fra l'aggressione e la reazione. Il tema è quando finisce la reazione all'aggressione da parte di De Vincentiis nei confronti della madre e quando quella che inizia, lo dice il capo di imputazione, una legittima difesa diventa un omicidio volontario, un omicidio volontario peraltro secondo quello che è il dispositivo di oggi, neanche meritevole di nessuna attenuante. A questo punto dobbiamo aspettare la motivazione fra 90 giorni e leggere perché non merita nemmeno un attenuante e poi andremo a L'Aquila».

«La situazione dal mio punto di vista era chiarissima, la condotta dell'imputato era evidente e tutto questo è emerso nel processo quindi diciamo che fondamentalmente oggi si è fatta giustizia - ha detto l'avvocato Anna Olivieri, che assiste come parti civili le due sorelle della vittima. Questo è stato un omicidio annunciato, le mie assistite sono molto contente di questa sentenza soprattutto perché la loro sorella non meritava una morte così cruenta, con 34 coltellate: noi riteniamo che sia stata fatta giustizia». Riferendosi al contesto familiare e a De Vincentiis, il legale ha poi evidenziato «che è nato in una famiglia di tutte donne, la madre lo ha avuto a 18 anni, ed erano cinque sorelle. È stato molto coccolato dalla famiglia nella prima parte della sua vita, ha cominciato a commettere i primi reati a 18 anni, nelle more ha avuto un problema fisico importante, la perdita di un occhio, per l'esplosione di un petardo. Dopo i 20 anni purtroppo gli eventi criminosi si sono ripetuti e da lì c'è stata l'assunzione di sostanze stupefacenti, probabilmente è mancata la figura paterna, perché a 60 anni è morto il nonno che lui chiamava papà. Però la madre ha cercato di compensare in ogni modo: viveva per il figlio, faceva tutto quello che le diceva il figlio e cercava di accontentarlo in ogni modo, tant'è che ha chiesto soldi fino all'ultimo giorno prima di morire alla sorella. La sorella della vittima è una mia cliente che mi raccontava questa situazione della vittima, e in tempi non sospetti mi aveva detto 'sono sicura che mia sorella verrà uccisà. La sorella aveva espresso i suoi timori e questo è stato, una morte annunciata: purtroppo, probabilmente i segnali che sono stati mandati erano evidenti, ma non sono stati presi in considerazione, si poteva evitare? Non lo sappiamo, è stato un evento d'impeto, che si è verificato di notte, però era stato previsto dalla famiglia».