Il marito ucciso 5 ore prima Cappio al collo della moglie

Coniugi Del Vecchio: forse la donna accoltellata al rientro a casa dal lavoro Le indagini sul delitto prorogate di 90 giorni. Attesi i risultati del Ris

VASTO. Non sono stati uccisi insieme Adele Tumini, 68 anni, e il marito, Emidio Del Vecchio, 72. La morte dell’uomo potrebbe risalire al primo pomeriggio, quella della moglie cinque ore dopo. È quanto emerge dai risultati degli esami autoptici depositati in Procura dal perito, l’anatomopatologo Pietro Falco. L’assassino ha prima ucciso l’uomo con 39 coltellate. Quasi il doppio le coltellate che hanno massacrato il corpo della povera Adele: Il perito ha contato 72 fendenti. Non contento, l’assassino ha legato attorno al collo della donna un cappio e le ha infilato la testa in una bacinella. Ad essere accusato dei due omicidi è il figlio delle vittime, Marco Del Vecchio, 38 anni. L’uomo, in carcere da sei mesi, nega di essere l’autore del duplice omicidio e chiede di tornare in libertà. Le indagini sull’omicidio sono state prorogate di 90 giorni.

L’esame autoptico. Emidio Del Vecchio è morto prima della moglie. La fascia oraria indicata dal perito parte dalle 11,45 del 17 novembre. Il cuore della moglie non si è fermato prima delle 17. Un particolare che alimenta numerose ipotesi. Forse la donna è stata uccisa perché al suo rientro a casa dal lavoro ha scoperto l’omicidio del marito. L’assassino però con lei è stato ancora più feroce. L’ha colpita con forza in tutto il corpo. Settantadue coltellate raccontano un feroce accanimento. La furia omicida ha fatto ipotizzare al criminologo della Procura, Ferruccio Canfora, un odio patologico nei confronti delle figure femminili. Il difensore di Marco Del Vecchio, l’avvocato Raffaele Giacomucci, insiste sulla incapacità di intedere e volere del suo assistito. «Solo un mese prima dell’omicidio Marco diede in escandescenze per non essere riuscito ad avere dai medici il metadone», dice il legale. «La mente di Marco è stata stravolta da una devastante miscela di droga».

L’accusa. Per il perito della Procura e per la criminologa Roberta Bruzzone, invece, Del Vecchio non ha alcun disturbo legato all’uso di stupefacenti e ha sempre ragionato benissimo. «Da quando è in carcere non mai fatto uso di metadone, nè ha dovuto assumere farmaci», rimarca l’avvocato Gianni Menna, il legale della figlia delle due vittime, Nicoletta, sorella dell’accusato. «Aspettiamo con fiducia l’esito degli esami dei Ris», aggiunge Menna.

Dna ed esami dattiloscopici. In mancanza di una confessione è evidente che assumono una importanza fondamentale i risultati del Dna delle tracce di sangue rilevate con il luminol sul pavimento lavato dall’assassino dopo il delitto. Altrettanto importati sono gli esami dattiloscopici. Se le impronte digitali trovate sui coltelli e sullo spazzolone usato dall’assassino per ripulire la scena del delitto dovessero appartenere a Marco, l’indagato non avrebe scampo e rischia l’ergastolo.

Paola Calvano

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