Morte di Prospero, il 18enne arrestato non risponde al Gip. Le frasi in chat: “Non chiamiamo i soccorsi”. Andrea poteva salvarsi

Non ha risposto al gip il giovane romano arrestato nell’ambito dell’inchiesta per il suicidio del 19enne Andrea Prospero, lo studente universitario di Lanciano trovato morto a Perugia. E intanto emergono nuovi agghiaccianti particolari dalle chat
Pochi minuti in silenzio davanti al gip di Perugia, poi via in auto da un garage interdetto ai giornalisti dove era arrivato. E' durata il tempo strettamente necessario per avvalersi della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia, la presenza nelle aule di giustizia del capoluogo umbro del diciottenne romano nei confronti del quale lo stesso giudice ha disposto gli arresti domiciliari con l'accusa di induzione o aiuto al suicidio di Andrea Prospero. Lo studente universitario di Lanciano al primo anno d'informatica morto in un appartamento del centro dopo avere ingerito farmaci oppioidi in grande quantità.
In aula il diciottenne si è trovato faccia a faccia con il procuratore aggiunto di Perugia Giuseppe Petrazini che ha coordinato l'indagine della polizia. Attività molto complessa, anche perché gran parte degli apparati informatici che usava Prospero avevano password e nessun documento conteneva elementi per svelare i dati di accesso. E' stato comunque possibile accertare che lo studente universitario molto attento alla privacy aveva rapporti con vari interlocutori in rete e soprattutto ne aveva stretto uno maggiormente confidenziale con uno al quale aveva confidato i suoi problemi, le sue ansie e insofferenze rispetto alla vita universitaria e il pensiero di togliersi la vita. L'esame particolarmente approfondito dei contatti con questo, che utilizza più di un nick name, ha consentito di accertare che Prospero aveva chiesto al suo amico virtuale consigli in merito alla scelta del mezzo più idoneo, più indolore per suicidarsi.
Le chat sono state definite particolarmente esplicite nella loro drammaticità e hanno fornito elementi sul fatto che possa essere stato proprio il suo interlocutore virtuale a confortare la scelta del diciannovenne di togliersi la vita, incoraggiandolo e rassicurandolo anche sul fatto che utilizzando gli oppiacei non avrebbe sentito dolore ma piacere. E sui soccorsi c’è un passaggio in chat che fa rabbrividire: “Non chiamo i soccorsi a quel fesso...”.
Il 24 gennaio Prospero si era quindi recato presso l'appartamento da lui preso in affitto, in via del Prospetto, dove, nella stanza virtuale e attraverso un colloquio intercorso su una piattaforma informatica proprio nella fase immediatamente precedente l'ingestione dei farmaci, aveva manifestato all'amico di non aver il coraggio di compiere il gesto, chiedendogli quindi un ulteriore incoraggiamento, ricevuto dall'indagato.
Nella chat estrapolata dalle forze di polizia c'è "un ulteriore particolare drammatico e crudo". L'interlocutore dello studente, avuta notizia da questi che i farmaci erano stati assunti, anziché chiamare i soccorsi, si preoccupava soltanto dei possibili rischi di poter essere identificato, a seguito del ritrovamento del cellulare. Lo stesso gip esaminando le chat scrive che "è chiaro" che il diciottenne romano "stia incitando Prospero al suicidio cercando di fargli vincere la paura". Così come "sia consapevole dell'esito finale qualora ingerisca tutte le sette pasticche come lui gli dice di fare".
Una brutta storia con una certezza che domina su tutte le altre: Andrea poteva salvarsi.