Policlinico Chieti, scattano le visite a pagamento
I dubbi del Tdm: temiamo che le prestazioni della Asl siano a carico dei pazienti
CHIETI. Visite specialistiche a pagamento accessibili da venerdì scorso al Centro unico di prenotazione (Cup), ma non si tratta dell'attività intra moenia a costo di ticket che avrebbe ridotto le liste d'attesa, i cui fondi sono stati invece spesi per l'aggiornamento dei macchinari ad alta tecnologia. E così sul nuovo servizio scoppia una nuova polemica, collegata a doppio filo con quella innescata giorni fa dalle accuse del senatore Idv Alfonso Mascitelli e di Cittadinanzattiva-Tdm abruzzese al commissario della Sanità Gianni Chiodi, alla Asl teatina e al suo manager Francesco Zavattaro
. «C'è molta confusione», attacca il segretario regionale di Cittadinanzattiva, Aldo Cerulli, «cui ha contribuito in modo decisivo il difficile accesso per il Tdm agli atti economici e regolamentari della Asl. Per esempio, non sappiamo nulla del regolamento che avrebbe disciplinato le attività intramurarie degli specialisti, su cui il campanello d'allarme suonò un mese fa con la scoperta di prestazioni (da parte di un medico del policlinico ndr) a pagamento effettuate in ospedale ma non fatturate. Regolamento», aggiunge Cerulli, «che prevedeva anche l'istituzione di una commissione paritetica di controllo su queste attività, organismo aperto anche alle associazioni di volontariato nel settore della sanità col compito di valutare la rispondenza alla legge delle attività intra moenia».
Il transito dal Cup delle visite a pagamento scatta con l'aggiornamento del sistema informatico in funzione nei centri di prenotazione della Asl. «Si sa che l'accordo Stato-regioni su nuovi fondi per accorciare le liste d'attesa risale al luglio 2011, per cui la Asl arriva con 11 mesi di ritardo e non sappiamo neanche come ci arriva. Per spiegarci», annota Cerulli, «non è noto se la fattura pagata dal paziente sarà una parte del costo effettivo della prestazione, mentre un'altra sarebbe a carico dell'Azienda sanitaria, anche se c'è difficolta di capire con quali risorse. Oppure, se l'esborso corrisponderà al ticket, e in questo caso ci chiediamo con quali fondi la Asl coprirà l'operazione».
L'accordo Stato-regioni ha erogato poco meno di un miliardo di euro da distribuire tra le regioni. Il meccanismo scatta con la copertura dell'urgenza, assegnando il diritto alla prestazione intramuraria quando la lista d'attesa per una delle 70 categorie coperte dall'accordo è superiore ai 30, 60 o 90 giorni, secondo la specialità coinvolta. «Questo significa», chiarisce Cerulli, «che dalla seconda visita o esame, comunque a partire dalla prima prestazione dopo quella considerata urgente e che non è stato possibile effettuare con la lista d'attesa ordinaria, finisce automaticamente nella zona d'ombra delle prestazioni privatistiche in ambito ospedaliero. E qui», osserva il segretario regionale di Cittadinanzattiva, «la Asl non c'entra. E' piuttosto la Regione a doverne rispondere».
. «C'è molta confusione», attacca il segretario regionale di Cittadinanzattiva, Aldo Cerulli, «cui ha contribuito in modo decisivo il difficile accesso per il Tdm agli atti economici e regolamentari della Asl. Per esempio, non sappiamo nulla del regolamento che avrebbe disciplinato le attività intramurarie degli specialisti, su cui il campanello d'allarme suonò un mese fa con la scoperta di prestazioni (da parte di un medico del policlinico ndr) a pagamento effettuate in ospedale ma non fatturate. Regolamento», aggiunge Cerulli, «che prevedeva anche l'istituzione di una commissione paritetica di controllo su queste attività, organismo aperto anche alle associazioni di volontariato nel settore della sanità col compito di valutare la rispondenza alla legge delle attività intra moenia».
Il transito dal Cup delle visite a pagamento scatta con l'aggiornamento del sistema informatico in funzione nei centri di prenotazione della Asl. «Si sa che l'accordo Stato-regioni su nuovi fondi per accorciare le liste d'attesa risale al luglio 2011, per cui la Asl arriva con 11 mesi di ritardo e non sappiamo neanche come ci arriva. Per spiegarci», annota Cerulli, «non è noto se la fattura pagata dal paziente sarà una parte del costo effettivo della prestazione, mentre un'altra sarebbe a carico dell'Azienda sanitaria, anche se c'è difficolta di capire con quali risorse. Oppure, se l'esborso corrisponderà al ticket, e in questo caso ci chiediamo con quali fondi la Asl coprirà l'operazione».
L'accordo Stato-regioni ha erogato poco meno di un miliardo di euro da distribuire tra le regioni. Il meccanismo scatta con la copertura dell'urgenza, assegnando il diritto alla prestazione intramuraria quando la lista d'attesa per una delle 70 categorie coperte dall'accordo è superiore ai 30, 60 o 90 giorni, secondo la specialità coinvolta. «Questo significa», chiarisce Cerulli, «che dalla seconda visita o esame, comunque a partire dalla prima prestazione dopo quella considerata urgente e che non è stato possibile effettuare con la lista d'attesa ordinaria, finisce automaticamente nella zona d'ombra delle prestazioni privatistiche in ambito ospedaliero. E qui», osserva il segretario regionale di Cittadinanzattiva, «la Asl non c'entra. E' piuttosto la Regione a doverne rispondere».
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