Sixty è nelle mani di una società delle Isole Cayman

Documento dell’Agcom apre gli occhi ai 414 lavoratori che ora temono di essere finiti in un fondo speculativo

CHIETI. Crescent HidePark, il fondo d’investimento che ha acquisito il gruppo Sixty, è gestito da una società d’investimento con sede legale nelle Isole Cayman. Emerge così un ponte inedito tra il fondo, da sempre presentato come panasiatico, e l’arcipelago del Mar delle Antille, a sud di Cuba, noto paradiso fiscale. Una notizia, contenuta nella relazione dell’Antitrust sull’operazione di vendita del gruppo moda al fondo d’investimento, che lascia di stucco i lavoratori e ne rafforza i timori in vista di una deriva speculativa dell’operazione. Martedì, alle 15, è indetta una riunione al ministero dello Sviluppo economico proprio su Sixty. Qui i 414 dipendenti dello Scalo sperano di trovare certezze sul loro posto di lavoro e di avere risposte ai dubbi che nascono dalla lettura del documento dell’Antitrust, bollettino dell’Autorità garante della concorrenza del mercato (Agcom) del 9 luglio 2012, pubblicato sul sito internet www.agcm.it.

«Crescent HidePark european opportunities fund», si legge nel documento, «è un fondo gestito da Chpi management, società d’investimento con sede legale nelle Isole Cayman, costituito con lo specifico obiettivo di investire in riconosciuti marchi europei da introdurre nel mercato asiatico. In base a quanto dichiarato dalle parti è un fondo di recente costituzione e non ha ancora redatto bilanci consolidati». Dunque una realtà «giovane», per giunta vergine nel mercato della Moda ha acquistato l’azienda fondata da Wicky Hassan e Renato Rossi negli anni ’80, oggi leader di settore ma anche con gravi difficoltà di fatturato e tenuta sui mercati, che per il rilancio richiedono grossa maestrìa ed esperienza. È per queste ragioni che la rsu aziendale chiede oggi più che mai (vedi pezzo a lato, ndc) di conoscere il piano industriale delineato dai nuovi proprietari per il rilancio della Sixty, di sapere se ancora coincide con quello delineato dal precedente management, che comunque significa entro il 2013 ben 170 esuberi su 414 dipendenti. I lavoratori, è evidente, vogliono fugare il timore che tutto si riduca a una mera azione speculativa, volta a salvare i marchi, sbarazzandosi del resto, cioè la fabbrica teatina e tutti i dipendenti. Preoccupazione rafforzata da altri dettagli contenuti del documento dell’Antitrust, dove emerge che Crescent ha preso «il controllo esclusivo di Sixty Spa, tramite l’acquisto delle azioni di Sixty Sa e Sixty International, che detengono congiuntamente il 94,44% della società, nonché delle rimanenti azioni di minoranza, circa il 5,56% di Sixty Spa, detenute da alcune persone fisiche». Dalle poche notizie che emergono sulla transazione tra Crescent HidePark e le banche, per ristrutturare il debito del gruppo moda da circa 300 milioni di euro, viene fuori che mentre c’è la piena volontà di appianare tutta l’esposizione di Sixty International, società con sede in Lussemburgo e titolare dei marchi del gruppo moda, per Sixty Spa e il suo debito da circa 257 milioni di euro, l’offerta si ferma a 49 milioni circa. «Non vorremmo che alla fine», dice Marino D’ Andrea, rsu aziendale, «vengano fatti salvi i marchi, lasciando naufragare il braccio operativo, Sixty Spa, con noi lavoratori».

Sipo Beverelli

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