Uccise la moglie con 26 bastonate, il marito chiede lo sconto di pena
La Corte d’appello ora deve decidere se confermare la condanna a 22 anni per Domenico Giannichi La tesi della difesa: «L’omicidio è preterintenzionale, Domenico aveva un vizio parziale di mente»
TORINO DI SANGRO. Toccherà alla Corte d’appello dell’Aquila, venerdì 21 ottobre, confermare o ridurre la sentenza di condanna a 22 anni di reclusione, emessa dalla Corte di assise di Lanciano nei confronti di Domenico Giannichi 71enne di Torino Di Sangro, reo di aver ammazzato a bastonate, il 29 novembre 2019, al culmine di una lite, la moglie Luisa Ciarelli, 65 anni. Ha presentato ricorso in appello l’avvocato del 71enne, Alberto Paone, convinto che quello di Giannichi non fu omicidio volontario, ma preterintenzionale, e che dovevano essere concesse le attenuanti della provocazione e quelle generiche all’uomo che aveva un vizio parziale di mente. Richieste che saranno analizzate venerdì dai giudici aquilani.
LA RICOSTRUZIONE
Giannicchi è finito a processo in Corte di assise di Lanciano nell’aprile 2021 con l’accusa di omicidio volontario della moglie, aggravato dal vincolo matrimoniale e dall’aver agito per futili motivi e con crudeltà. I giudici, nella sentenza emessa nel marzo scorso, hanno confermato l’omicidio volontario, ma hanno fatto cadere le due aggravanti dei futili motivi e della crudeltà perché hanno riconosciuto che l’uomo aveva un vizio parziale di mente. E infatti Giannichi sta scontando la pena in una struttura psico-riabilitativa perché «non è compatibile con il carcere viste le condizioni psicopatologiche, l’età e che non è socialmente pericoloso». Durante le varie udienze tra testimonianze, perizie e super perizie, il procuratore di Vasto Giampiero Di Florio sostenne che il 71enne sapeva di colpire la moglie e di poterla uccidere. Dopo la lite iniziata in auto, la fuga di Luisa Ciarelli lungo un pendio che era sotto la strada, l'uomo la inseguì e con un grosso ramo iniziò a colpirla sulla testa, fratturandole il volto e il naso. «26 colpi, di cui 6 violentissimi, sono volontari», sostenne Di Florio. Poi la stretta al collo e la morte della donna «per l’azione combinata delle bastonate e della rotazione del collo». Da qui la condanna a 22 anni di reclusione.
IL BRACCIO DI FERRO IN AULA
«Una condanna eccessiva», dice Paone che in appello chiede di riqualificare l’accusa da omicidio volontario a preterintenzionale, perché il 71enne non era uscito con l’intento di uccidere la moglie, soffriva di disturbi psichici, era paranoico, e quindi non era capace di intendere e volere. La superperizia voluta di giudici frentani ed effettuata dallo psichiatra Raffaele De Leonardis evidenziava infatti che «Giannichi aveva una depressione maggiore con manifestazioni psicotiche», aveva un vizio parziale di mente. «Poi ci sarebbero le attenuanti da riconoscere che potevano ridurre la pena», sostiene Paone, «quelle della provocazione, ad esempio le continue minacce avanzate nel tempo da Luisa verso il marito di farlo ricoverare in istituto e le attenuanti generiche, quest’ultime chieste pure dal procuratore Di Florio perché Giannichi era incensurato, non era mai stato violento, aveva subito confessato il delitto e collaborato alle indagini facendo anche ritrovare il corpo della donna». Sarà la Corte d’appello dell’Aquila a decidere.