Alfredo Paglione: «Ecco il mio libro sull’arte sacra di Sassu»
In un volume del gallerista di Tornareccio le opere mistiche del pittore: «Insieme incontrammo Picasso e Paolo VI»
«Aligi Sassu credeva sinceramente in Dio, in un essere, superiore a noi tutti, che domina le sorti del mondo».
Alfredo Paglione spiega così il rapporto fra Sassu e il sacro al quale ha dedicato il suo ultimo libro. Il volume, intitolato “Aligi Sassu-Catalogo ragionato dell’opera sacra” (45 euro, edizioni Silvana, 288 pagine riccamente illustrate) e curato da Paglione, 81 anni, gallerista e mecenate di Tornareccio, è stato presentato, ieri al Museo Barbella di Chieti, in un incontro al quale hanno partecipato, oltre all’autore, l’arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, Bruno Forte, e il critico d’arte e giornalista, Gabriele Simongini.
L’incontro sull’arte sacra di Sassu, che di Paglione fu cognato (avevano sposato due sorelle colombiane, Helenita e Teresita Olivares) è stato organizzato dalla Fondazione Immagine, arte e scienza, di Alfredo e Teresita Paglione, creata nel 2015 con l’obiettivo di valorizzare i quadri e le sculture che il mecenate abruzzese ha donato, negli anni, a musei e strutture espositive della regione. Il volume comprende scritti di Bruno Forte, Giuseppe Bonini e Antonello Negri.
Ad affascinare Sassu, scomparso nel 2000 all’età di 88 anni, scrive il cardinale Gianfranco Ravasi nell’introduzione al volume, «erano i grandi temi, le narrazioni, i simboli e i personaggi alti della Bibbia che egli sentiva come le parabole ideali per interpretare il presente, la nostra travagliata, ma ad un tempo vivace vicenda storica. A conquistarlo era soprattutto la crocifissione, un segno che egli riteneva capitale per la sua fede, ma anche per la sua arte e per la stessa storia dell'umanità».
Paglione, che cos’è questo libro?
E’ un libro che è costato nove anni di lavoro. Ci sono tutte le opere di tema sacro di Aligi Sassu dal 1927 al 1999.
Che cosa ha rappresentato per lei Sassu?
Dopo il padreterno e mio padre, c’è lui. E’ stato lui che mi ha introdotto nel mondo dell’arte, ormai 60 anni fa.
In che modo?
In una maniera, se vogliamo, anche misteriosa. L’incontro avvenne attraverso quella che sarebbe diventata mia cognata, il soprano Helenita Olivares, che, un giorno, mi disse: “Alfredo, vuoi conoscere il mio fidanzato, che è un famoso pittore? Vieni a trovarmi domani a Roma”. Lei abitava in una pensione. E’ lì che avvenne l’incontro. A Sassu consegnai, in una busta, alcuni versi che avevo composto ispirandomi a un dipinto che mia cognata aveva a capo del letto. Un crocifisso, diceva lei. Ma poi Sassu mi spiegò che, in realtà, il soggetto era un partigiano che lui aveva rappresentato come un crocifisso. Lui rimase colpito dai miei versi e mi invitò a trascorrere le vacanze da lui ad Albissola Marina in Liguria.
E lì cosa accadde?
Lì ho conosciuto i più grandi artisti del mondo, da Picasso a Lucio Fontana, che erano suoi ospiti e lavoravano nei forni per ceramiche di una grande poeta futurista, Tullio Mazzotti.
Qual era il rapporto di Sassu con il sacro?
Molto forte. Mi ha sempre confessato di credere in un essere superiore a noi tutti che domina le sorti del mondo. Insieme, andammo anche, più volte, a incontrare Paolo VI. Ricordo che, una vota, venne a trovarci a Maiorca l’arcivescovo di Milano, Giovanni Colombo Sassu ha realizzato la sua Cappella Sistina a Cagliari, nella chiesa di Santa Maria del Carmine. Lì ha creato 50 metri di mosaico in cui ha raffigurato anche Picasso e, in Paradiso, circondata dagli angeli, la sua futura moglie, Helenita.
Qual è l’attualità di Sassu?
Nel fatto che lui ha sempre creduto nel mestiere. Era convinto che solo dominando il mestiere si possono raggiungere le vette dell’arte.
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