Apre oggi il John Fante Festival ospite d’onore Paul Vangelisti
Il poeta: «I libri di Dylan non all’altezza delle canzoni, meglio Leonard Cohen» Tra gli altri ospiti la giornalista Francesca Mannocchi e l’attore Enzo De Caro
TORRICELLA PELIGNA. Poeta, traduttore e giornalista, Paul Vangelisti è uno degli ospiti più attesi del John Fante Festival - Il dio di mio padre, al via questo pomeriggio con l'evento inaugurale "Celebrating the 70th Anniversary of Full of Life", in programma alle 17.30 in piazza Unità d'Italia. Insieme a Victoria Fante Cohen, figlia di John, interverranno il sindaco Carmine Ficca, Giovanna Di Lello, direttrice della kermesse e Matteo Cacco.
Tra gli ospiti del Festival, nel corso della quattro giorni, anche la giornalista d'inchiesta Francesca Mannocchi, la scrittrice Nadia Terranova, il giornalista e saggista Lucio Luca, la scrittrice Nadeesha Uyangoda, la sceneggiatrice e autrice Anna Pavignano. E poi gli attori Enzo De Caro e Italo Amerighi, Gino Bucci. Nel parterre, infine, l'autore premio Campiello Remo Rapino che sabato presenterà il suo ultimo romanzo Cronache dalle terre di Scarciafratta (Minimum fax, 2021), insieme a Luca Prosperi.
Domenica pomeriggio, alla Pineta comunale, il poeta Vangelisti dialogherà con lo scrittore Alessio Romano e con la stessa Di Lello. Vangelisti ha pubblicato in diverse antologie di poesia, tra cui una in italiano e polacco. Le sue antologie di poeti dell'area di Los Angeles, ad esempio Specimen 73, sono state tra le prime collezioni tali da iniziare a definire la traiettoria storica della poesia post-Seconda Guerra Mondiale nella California meridionale. Il suo primo volume, Antologia di poeti LA, è stato curato con Charles Bukowski e Neeli Cherkovski. Più di recente ha lavorato a LA Exiles (LA Esuli) con testi di Adorno, Brecht, Chandler, Faulkner, Fitzgerald, Parker, Pynchon, Isherwood, Lowry, Sinclair, Steinbeck, Vidal, Mann. Il suo confronto verterà su Fante e su Bukowski.
Che ricordo ha di Fante?
Non l'ho mai conosciuto personalmente. Sono entrato in contatto con la sua opera grazie all'influenza di Charles Bukowski, il primo a concentrare la sua attenzione nei confronti di questo autore italoamericano. Mi sono dunque procurato Ask the dust (Chiedi alla polvere) e Wait until spring, Bandini (Aspetta primavera Bandini). Ho letto questi due libri nello stesso periodo e ne ho apprezzato molto stile e contenuti. La sua storia è compatibile con quelle degli autori che ho raccolto in antologie come LA Exiles che ha dato voce a scrittori sfollati o rifugiati a Los Angeles. Non tutti sono rimasti a Los Angeles, ma questa tappa ha rappresentato uno spartiacque nell'ambito della propria produzione letterale.
Los Angeles ha costituito uno choc culturale insomma
Assolutamente. Prendiamo Theodor W. Adorno, i suoi diari di bordo e la sua opera, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, la sua Dialettica dell'Illuminismo, in parte segnati dall'esperienza statunitense, in particolare a Los Angeles.
Lei è più giovane di Bukowski, nel rapportarvisi percepiva il suo mito?
Bukowski ha conosciuto la fama piuttosto tardi. Pubblicò il suo primo romanzo dopo i cinquant'anni, grazie a un piccolo anticipo di un editore e a un aspettativa concessa dal lavoro alle poste. Ovviamente lui era già formato e consapevole. Un punto di riferimento. Ma non era affatto noto quando l'ho incontrato per la prima volta.
Della Beat Generation che idea si è fatto?
Pur essendo originario di San Francisco, da genitori toscani, Nicholas (Nicolò) e Josephine (Giuseppina), non sono mai stato particolarmente attratto dalla Beat Generation e dal mito successivo, compreso il tentativo di considerare Bukowski un post-beat. Certo, i Lunch Poems di Frank O'Hara, le poesie scritte letteralmente nella pausa pranzo, sono molto interessanti.
Il Nobel a Bob Dylan accredita la canzone moderna come erede della forza poetica. Non trova?
Sì e no. La poesia nasce come forma scritta. Punto. Dylan ha composto degli album bellissimi come Highway 61 Revisited, ma i suoi libri non sono all'altezza delle sue canzoni. Leonard Cohen ha saputo coniugare meglio, a mio avviso, le due arti.