stasera la docufiction del regista pescarese vallone 

“Butterfly29”, quando il virus  chiude web, telefonini, tv e radio 

PESCARA. Un uomo agli arresti domiciliari, isolato dal mondo intero a causa di un virus informatico che ha provocato una pandemia digitale, cancellando ogni forma di tecnologia. Parte da qui la...

PESCARA. Un uomo agli arresti domiciliari, isolato dal mondo intero a causa di un virus informatico che ha provocato una pandemia digitale, cancellando ogni forma di tecnologia. Parte da qui la docufiction “Butterfly29”, racconto scritto e realizzato in smart, anzi più esattamente home working da Milo Vallone, autore, regista e attore pescarese. A un anno dall’inizio del primo lockdown, la prima puntata della serie uscirà lunedì 15 marzo, alle 22.30, su Rete8, e alle ore 23, in streaming sul sito web www.butterfly29.com.
Le puntate successive sono previste ogni lunedì agli stessi orari. Uno scenario che potrebbe uscire dalla sinossi di un episodio di Blackmirror, la fortunata serie di Netflix: immaginate un mondo senza più collegamenti internet, dove telefonini, computer, tv e radio sono inutilizzabili. Ogni tipo di comunicazione e scambio di informazione digitale è inaccessibile. Siamo nel 2030, quando “Butterfly29”, un virus informatico, causa una pandemia cibernetica capace di interrompere i più sofisticati sistemi tecnologici. La serie racconta l’evoluzione degli eventi attraverso gli occhi di Alan Caravaggio, ripreso dalle 32 telecamere di sorveglianza che controllano i suoi arresti domiciliari per aver ucciso la moglie, durante un lockdown causato 10 anni prima dal Covid. Una narrazione che abbraccia un arco di tempo che va da una pandemia biologica a una informatica. Libero dal monitoraggio fisso delle telecamere, potrebbe tentare di evadere, ma non lo fa. Il suo nuovo isolamento è dato dall’impossibilità di comunicare con il mondo esterno, in particolar modo con suo figlio, di cui ha perso le tracce. L’unico modo che ha per provare a recuperare un contatto con lui sono delle “audiolettere”, che trasforma in veri e propri flussi di coscienza. Alan racconta la sua vita, ma anche la società che ha lasciato, immaginando come questa nuova, forzata, condizione analogica possa finalmente adempiere alla promessa di «uscirne migliori». «L’idea di “Butterfly 29” è nata durante il primo lockdown», rivela Vallone. «In quelle settimane di apprensione per l’emergenza sanitaria, l’unico modo per rimanere in contatto con i nostri cari è stato grazie ai mezzi informatici, divenuti di vitale importanza. E allora ho pensato: e se la pandemia un domani da biologica divenisse digitale? In fondo, fino a poco più di un anno fa il termine “virus” era da tutti associato al web e ai mezzi informatici. Dunque? Potremmo vivere senza tecnologia? E nel caso, che mondo avremmo?», si domanda l’attore. Realizzato in collaborazione con la Regione Abruzzo, “Butterfly29” è il primo esperimento italiano di docufiction interamente prodotta e realizzata da remoto.
Le 32 microcamere, che immortalano la reclusione di Alan, riprendono la vera abitazione del regista e attore protagonista. Scritto nel 2020, le riprese sono terminate a inizio 2021. «Butterfly29,», aggiunge Vallone, «per me è anche una sperimentazione per far vivere quella teatralità mortificata da più di un anno».