MUSICA
Dall’Abruzzo all’Australia nel nome del rock / VIDEO
Il musicista pescarese Andrea Ambrosini con la sua band Treva and the Mojos pubblica il brano “In the Ditch”
Un riff ipnotico in acustico con atmosfere che ricordano un po' i Radiohead e un po' Peter Gabriel, senza disdegnare tinte alla Pink Floyd e Ry X. Un testo - scritto nel 2012 a scanso di equivoci - fatto di parole perfettamente sovrappponibili al momento attuale, a partire dal senso di estraniamento di fronte a un presente che fa i conti con gli sviluppi di una pandemia globale. Un'emergenza di fronte alla quale ci sentiamo un po' tutti in trincea. Ecco “In the Ditch” - "Nel fossato" appunto - il singolo targato Treva and the Mojos la cui gestazione abbraccia due continenti.
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Sì, perché tutto è partito da Andrea Ambrosini, 31enne pescarese che, dopo aver studiato all'Aquila, si è trasferito in a Melbourne insieme alla compagna Camilla Franchi, coetanea, anche lei abruzzese, originaria di Picenze, frazione di Barisciano alle porte del capoluogo. Nella vita, Ambrosini si occupa della gestione di un locale nella metropoli australiana. Tuttavia, non ha mai abbandonato la passione per la musica e le sue canzoni, scritte con testi di chitarra in inglese e in italiano. Nel corso degli anni, anche prima di trasferirsi a Melbourne, è entrato in contatto con il produttore Andrea Tripodi, con base a Milano.
Proprio da questa collaborazione è nato il progetto Treva (nome d'arte di Andrea Ambrosini) and the Mojos. Completano la formazione tre musicisti turnisti: Matteo Cerboncini, chitarrista di Molare (Alessandria); Diego Scaffidi, batterista dell'hinterland milanese e Nicola Bruno, bassista genovese che ha registrato le ultime session in Finlandia. “In the Ditch”, quindi, è stato sviluppato e registrato a distanza con delle tracce che poi Tripodi ha raccolto e messo insieme per realizzare il master da divulgare in tutti i negozi digitali.
«Una canzone che per noi rappresenta molto», commenta Ambrosini, «è una metafora della lotta sempiterna da parte del genere umano, sempre alle prese per le battaglie volte alla sua affermazione. Una dimensione collettiva, ma anche una dimensione individuale che spinge chiunque a cercare le giuste motivazioni per guardare avanti e trovare, intatta, la speranza». Il tutto è condito con la giusta dose di psichedelia che si sovrappone alla vocazione indie e a una struttura di base fatta di rock allo stato puro.
«Momenti come quello attuale», riprende il giovane musicista pescarese, «ci spingono a raccontare e ci forniscono la giusta ispirazione. A volte, le mie canzoni nascono da un arpeggio, un passaggio per chitarra acustica come quelli che troveresti nei brani di José González. Da lì sviluppo un testo. Raramente vengo fuori con strofe già composte, come mi capitò una volta pensando al nostro terremoto in Abruzzo».
Del repertorio della band, che ha anche registrato alcuni video a distanza, in perfetto stile "quarantena", ci sono anche alcune cover, come “Daughters” di John Mayer. Un arrangiamento del tutto originale in questo ultimo caso.
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