Il fotografo Schirato: gli scatti di Tornatore e la sua visione poetica
Il fotoreporter pescarese racconta il legame col regista Oggi il premio Oscar all’inaugurazione della mostra
PESCARA. Giuseppe Tornatore nell’insolita veste di fotografo. Sarà il regista siciliano Premio Oscar il protagonista di Flash, la sezione del Fla - Festival di libri e altrecose nata dalla collaborazione con Mood Photografy dei fotografi Stefano Schirato e Marco Di Vincenzo. Un doppio appuntamento, in programma oggi pomeriggio, che consentirà al pubblico di conoscere una versione per molti inedita di Tornatore, non dietro l’obiettivo della macchina da presa, ma con in mano una macchinetta fotografica. Dalla vita personale ai set dei film che hanno fatto la storia del cinema, il regista si racconterà in maniera più intima. Alle 19.30, sarà la volta dell’inaugurazione della mostra fotografica “Indiscrezioni”, allestita da Simona Budassi e curata da Stefano Schirato. In esposizione, in una sala della Fondazione La Rocca, in via Paolucci a Pescara, 28 immagini scelte tra la produzione fotografica del regista. A raccontare com’è nata l’idea e il suo rapporto con Tornatore è il fotoreporter pescarese Schirato.
Come e quando ha conosciuto Tornatore?
«Nel 2002, quando è uscito “La leggenda del pianista sull’oceano”. Io avevo fotografato, in un progetto durato due anni, i marittimi a bordo sulle navi sequestrate nei porti italiani. La storia mi sembrava abbastanza simile perché il personaggio di Tornatore e Baricco non scendeva mai dalla nave e neanche i miei “attori” potevano tornare a casa perché erano bloccati a bordo. Così mi si è accesa la lampadina e ho deciso di contattarlo per chiedere se volesse scrivere una prefazione per il libro “Né in terra né in mare” che volevo pubblicare. E lui ha accettato».
Come è proseguita la vostra collaborazione?
«Da allora siamo rimasti in contatto e abbiamo iniziato a collaborare. Ho fatto il fotografo di backstage nel film "Baarìa", dalla prima pietra in Tunisia fino all’ultima scena. Poi nuovamente il fotografo di scena sul set di "La migliore offerta". E ancora, mi ha chiamato per il suo spot sul Covid. E adesso sto continuando a lavorare con lui. Si è creata una bella sinergia. A lui piace il mio modo di lavorare, a me ovviamente piace stare con lui. Per me, essendo un fotoreporter, il mondo del cinema è una bolla. Non lavoro nel cinema, non è il mio focus, io preferisco stare nei campi profughi, ma mi piacciono queste esperienze soprattutto perché c'è lui».
Cosa ha imparato sui suoi set?
«Ho imparato la disciplina e che, fino a che la scena non è fatta come dice lui, non si va avanti. Quindi l’ossessione per la perfezione. Ho imparato anche l’inquadratura che è molto differente dal mio lavoro. Ha una visione del fotogramma e di quello che sta facendo così alta e poetica che mi ha trasportato».
Le ha mai dato un consiglio esplicitamente?
«Qualche volta sì, ma devo dire che mi lascia molto carta bianca. Sicuramente me ne ha dati di più quando ero ragazzino tanto è vero che ultimamente gli ho detto che è stato il mio mentore. Penso che tanta della mia intraprendenza e audacia nel fare alcune cose venga da lui».
E quando ha scoperto che c’era anche un Tornatore fotografo?
«Lo so da tantissimi anni. Proprio nel 2002 ed è la cosa che mi ha convinto a contattarlo. Quando sono uscito dal cinema, già il fatto delle navi mi sembrava una similitudine importante. Poi sono andato in libreria di Milano e ho visto un libro fotografico. Pensavo addirittura a un’omonimia. Poi quando ho visto che era lui, è scattata la scintilla e ho detto allora lo devo proprio contattare».
Com’è nata l’idea di una mostra a Pescara?
«Ho pensato che portarlo al Fla e raccontare un aspetto di lui meno conosciuto fosse più interessante del far vedere o parlare dei suoi film. Così come, sapendo che aveva una marea di foto e di negativi, ho pensato che potesse essere interessante realizzare anche una mostra, oltre a una chiacchierata pubblica. Lui ha accettato e mi ha dato tutti i negativi, chiedendo a me di scegliere perché si fidava ciecamente».
Cosa aspettarsi dalla mostra?
«Lui si è avvicinato alla fotografia a 10 anni per cui esce un suo aspetto molto intimo e personale. Abbiamo diviso la sala in due, andando per età: quella siciliana, in cui lui era ragazzino, perché sono foto state scattate tra i 10 e i 18 anni, e il lavoro fatto nel 1999 in Siberia, a Novij Urengoi, un moderno agglomerato urbano, nato intorno agli anni ’80, grazie alla scoperta di riserve di gas naturali».
Qual è lo scatto presente alla mostra che l’ha emozionata di più?
«Ce ne sono tanti. Ma la fotografia che gli ho chiesto di firmarmi per tenerla è una foto scattata a sua nonna e sua sorella che si guardano attraverso una sorta di porta con un vetro. Lui l’ha scattata da bambino, ma sembra un fotogramma di Nuovo Cinema Paradiso. È un capolavoro assoluto».
Se si potesse tornare indietro, conoscendolo prima, su quale set di Tornatore le sarebbe piaciuto lavorare?
«Sicuramente “La leggenda del pianista sull’oceano” perché ha avuto una scenografia e delle location da uscire di testa. E poi Nuovo Cinema Paradiso che è il film che mi ha fatto innamorare di lui».
La mostra prevede altre tappe in Italia?
«Per adesso no, si fermerà a Pescara. Sarà in esposizione fino al 20 dicembre e poi gli riconsegnerò le foto. Magari in futuro, chissà, essendo le foto già stampate...».
A cosa state lavorando attualmente insieme?
«Questo, purtroppo, per ora non posso dirlo».
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