Il grande cinema in lingua originale: all’Aquila 3 giorni con Rohmer e Terrill
L’AQUILA. “Il raggio verde”, capo d’opera di Éric Rohmer, e “L’ultima vetta” di Chris Terrill per la doppia proposta di questo fine settimana del TeatroZeta a L’Aquila. I due lungometraggi, in lingua...
L’AQUILA. “Il raggio verde”, capo d’opera di Éric Rohmer, e “L’ultima vetta” di Chris Terrill per la doppia proposta di questo fine settimana del TeatroZeta a L’Aquila. I due lungometraggi, in lingua originale con sottotitoli in italiano, già proiettati ieri, vengono riproposti fino a domenica: oggi alle 17.30 “L'ultima vetta”, alle 19.30 “Il raggio verde” e a seguire cineforum con l’associazione Filmaqui; domani alle 17.30 il film di Rohmer e alle 19.30 il documentario di Terril; domenica proiezione alle 19.30 de “Il raggio verde”.
“L'ultima vetta” (100') di Chris Terrill racconta la vicenda dell’alpinista trentenne Tom Ballard, scomparso insieme a Daniele Nardi nella salita al Nanga Parbat, in Pakistan, a febbraio 2019. Attraverso riprese familiari fatte nel corso di 25 anni e filmati realizzati da Ballard fino a pochi giorni prima della morte, il docmovie narra la storia di una famiglia animata dalla passione per l’alpinismo. Nel 2019 l’alpinista britannico Tom Ballard, detentore di vari primati, scomparve su una delle montagne più pericolose della catena himalayana, il Nanga Parbat. Nell’agosto 1995, a 160 chilometri di distanza, sua madre Alison Hargreaves, che in una sola stagione aveva conquistato in solitaria le sei pareti nord delle Alpi, era morta sul K2. “L’ultima vetta” segue la sorella di Tom, Kate, mentre si reca sul Nanga Parbat per dire addio al fratello. Leone d’oro nel 1986 alla Mostra di Venezia, “Le rayon vert” (98') di Éric Rohmer, critico dei Cahiers du cinéma e poi regista, esponenente della Nouvelle Vague, è interpretato da Marie Rivière (Delphine), attrice rohmeriana per eccellenza, che collaborò alla sceneggiatura del film, quinto del ciclo Commedie e proverbi. Il titolo deriva dal fenomeno ottico visibile quando il sole, all’alba o al tramonto, crea una sottile striatura luminosa verde che dura pochi istanti.
La pellicola è divisa in episodi, aperti da didascalie con data e giorno della settimana, da lunedì 2 luglio a sabato 4 agosto, ma non tutti gli episodi sono consecutivi, frammentando il film per intonarlo all’instabilità emotiva e psicologica della protagonista. I versi di una poesia di Rimbaud lo incorniciano: «Ah, venga il tempo in cui i cuori si innamorano!». Quel tempo per Delphine, segretaria in un ufficio a Parigi, sembra destinato a non arrivare più dopo la separazione dal fidanzato, ormai due anni prima. La trentenne vede svanire il progetto di vacanze in Grecia quando la compagna di viaggio vi rinuncia; un’altra amica la invita a unirsi a lei e al fidanzato, poi le offre ospitalità a casa della nonna in Spagna, ma Delphine declina entrambe le proposte; sua sorella le chiede di seguirla in Irlanda dove andrà in vacanza con marito e figlio, ma pure stavolta Delphine non accetta perché preferisce il mare; perciò telefona a un ex fidanzato chiedendogli in prestito la casa ad Antibes, ma l’appartamento è occupato da lui. Sebbene sogni il grande amore e si rammarichi della sua solitudine, per tutto il film Delphine agisce in modo da accentuare il suo isolamento fino a lambire la depressione, in un senso profondo di smarrimento e vuoto, acuito dalla pausa estiva. Ne nasce un movimento irrequieto, con Parigi al centro, città a cui tornare per poi fuggire, in un andirivieni nervoso e contraddittorio nell’attesa di qualcosa che possa interromperlo. “Il raggio verde” ha un taglio documentaristico, quasi da film di famiglia, stile che riflette un modo di produzione non usuale per Rohmer, che scrisse: «"Il raggio verde" è totalmente improvvisato, nulla è stato scritto. Non c’è traccia di scrittura. In alcuni casi, gli attori hanno improvvisato completamente». (afu)