L’Aquila, al Pinewood c’è Frah Quintale: «Sto alle regole, ma è dura»
L’AQUILA. Penultimo giorno del festival di Pinewood, la kermesse di musica indipendente dell’Aquila nel parco dell'ex Reiss Romoli. Tra i protagonisti del palco principale See Maw, musicista e...
L’AQUILA. Penultimo giorno del festival di Pinewood, la kermesse di musica indipendente dell’Aquila nel parco dell'ex Reiss Romoli. Tra i protagonisti del palco principale See Maw, musicista e producer a tutto tondo, che scrive e produce in piena autonomia i propri pezzi. Un artista completo, eclettico e istintivo che pezzo dopo pezzo, ha messo sempre più a fuoco il suo sound fatto di sonorità elettroniche e attitudine pop e la sua estetica. Un progetto che si propone un viaggio nella sperimentazione musicale e stilistica, che lo accompagna in questo suo primo tour estivo.
Sullo stesso palco Tutti Fenomeni, nome d'arte di Giorgio Quarzo Guarascio, un progetto che si pone su una linea temporale scomposta capace di mischiare canzone d’autore e sonorità fresche, citazioni alte e voli – voluti – nel trash. Nel secondary stage, riservato agli emergenti abruzzesi, spazio a Muffa e Inepi (il nome è puramente indicativo). Ma oggi è soprattutto il giorno di Frah Quintale. Era l’anno 2017 quando Francesco Servidei – nome d'arte Frah Quintale – usciva con Regardez Moi (disco d’oro e milioni di ascolti su Spotify), inaugurando una versione italiana dello street pop. Lo stile urban, soul, r&b e funk mixaticon testi crudi e smaliziati, e la cura maniacale per l’art work – di cui si occupa personalmente – hanno reso la sua proposta una delle più originali del panorama attuale. Dopo due anni di stop dalle scene musicali, l’artista è tornato sul palco, portando in giro il suo nuovo progetto Banzai (composto da due dischi: lato arancio e lato blu). Un messaggio di speranza in un periodo delicato. «Porto sui palchi della Penisola un live vitale», spiega. «Una bella energia quella che cerchiamo di condividere col nostro pubblico».
Un tour che fa i conti con restrizioni e distanziamento, tanto da spingere qualche suo collega a chiedere delle deroghe, con spazi aperti e possibilità di ballare col Green pass. Cosa pensa di questa proposta?
«Per me l’aspetto principale è continuare a fare musica dal vivo e quindi credo sia importante stare nelle regole. La situazione resta molto delicata. Ovviamente, parlo vedendo le cose dal mio punto di vista. Ossia, mi rendo conto che si può ascoltare musica, cantare, pur restando al proprio posto. Evito di incitare il mio pubblico ad alzarsi, anche se mi piacerebbe. Mi è capitato di assistere all’intervento di alcuni steward che chiedevano alla gente di rispettare le regole. Un intervento che spezza un po’ la vibrazione. Quello che chiedono artisti come Cosmo, però, è comprensibile, visto che ci sono dei tipi di musica concepiti proprio per far muovere, far ballare.
L’altro ieri a Cosenza, ieri a Paestum e sulla strada per L’Aquila. Un altro festival in cui entrare in contatto con tante commistioni di genere. Ci si influenza a vicenda tra tanti artisti e progetti?
«Credo di sì, il nostro sound attinge molto dalle esperienze che vediamo in giro. Sul palco sono affiancato da una band tastiera, basso e batteria con Benjamin Ventura, Bruno e Bonito Belissimo, gemelli a cui è affidata la parte ritmica.
Come mai Frah Quintale?
Ho iniziato con un duo: ci chiamavano i Fratelli Quintale, con un velato riferimento fisico che poi ho fatto mio perché non bisogna mai prendersi sul serio.
Sullo stesso palco Tutti Fenomeni, nome d'arte di Giorgio Quarzo Guarascio, un progetto che si pone su una linea temporale scomposta capace di mischiare canzone d’autore e sonorità fresche, citazioni alte e voli – voluti – nel trash. Nel secondary stage, riservato agli emergenti abruzzesi, spazio a Muffa e Inepi (il nome è puramente indicativo). Ma oggi è soprattutto il giorno di Frah Quintale. Era l’anno 2017 quando Francesco Servidei – nome d'arte Frah Quintale – usciva con Regardez Moi (disco d’oro e milioni di ascolti su Spotify), inaugurando una versione italiana dello street pop. Lo stile urban, soul, r&b e funk mixaticon testi crudi e smaliziati, e la cura maniacale per l’art work – di cui si occupa personalmente – hanno reso la sua proposta una delle più originali del panorama attuale. Dopo due anni di stop dalle scene musicali, l’artista è tornato sul palco, portando in giro il suo nuovo progetto Banzai (composto da due dischi: lato arancio e lato blu). Un messaggio di speranza in un periodo delicato. «Porto sui palchi della Penisola un live vitale», spiega. «Una bella energia quella che cerchiamo di condividere col nostro pubblico».
Un tour che fa i conti con restrizioni e distanziamento, tanto da spingere qualche suo collega a chiedere delle deroghe, con spazi aperti e possibilità di ballare col Green pass. Cosa pensa di questa proposta?
«Per me l’aspetto principale è continuare a fare musica dal vivo e quindi credo sia importante stare nelle regole. La situazione resta molto delicata. Ovviamente, parlo vedendo le cose dal mio punto di vista. Ossia, mi rendo conto che si può ascoltare musica, cantare, pur restando al proprio posto. Evito di incitare il mio pubblico ad alzarsi, anche se mi piacerebbe. Mi è capitato di assistere all’intervento di alcuni steward che chiedevano alla gente di rispettare le regole. Un intervento che spezza un po’ la vibrazione. Quello che chiedono artisti come Cosmo, però, è comprensibile, visto che ci sono dei tipi di musica concepiti proprio per far muovere, far ballare.
L’altro ieri a Cosenza, ieri a Paestum e sulla strada per L’Aquila. Un altro festival in cui entrare in contatto con tante commistioni di genere. Ci si influenza a vicenda tra tanti artisti e progetti?
«Credo di sì, il nostro sound attinge molto dalle esperienze che vediamo in giro. Sul palco sono affiancato da una band tastiera, basso e batteria con Benjamin Ventura, Bruno e Bonito Belissimo, gemelli a cui è affidata la parte ritmica.
Come mai Frah Quintale?
Ho iniziato con un duo: ci chiamavano i Fratelli Quintale, con un velato riferimento fisico che poi ho fatto mio perché non bisogna mai prendersi sul serio.