L'arte di Mirta Maranca tra realismo e sciamanesimo

5 Novembre 2017

La "pittrice-pellegrina" pescarese ha concluso un anno ricco di mostre di successo, e a gennaio sarà alla Biennale di Roma. In primo piano la saga delle danzatrici, un inno alla vita e all'amore in un tripudio di simboli e colori

Aurum di Pescara, Fortezza borbonica di Civitella del Tronto, Museo Michetti di Francavilla al Mare. E a gennaio le sale del Bramante, a Roma, per la partecipazione alla 12^ edizione della Biennale d’Arte Internazionale. Mirta Maranca è un’artista che non si risparmia: palestra e studio, studio e palestra. E mostre. Anche collettive. Tante mostre. Le ultime con riscontri molto positivi.

Diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Urbino nel 1995, dopo aver studiato al liceo artistico Misticoni di Pescara, da oltre vent’anni la pittrice pescarese porta avanti una ricerca di grande forza, dignità e amore per la vita difficilmente riscontrabile – in questa epoca virtuale e posseduta dalla tecnologia - in altri artisti figurativi. Una ricerca che punta gli occhi sul mondo, ma che ha piedi ben radicati nel suo essere donna e artista. Non a caso il critico d’arte Giuseppe Bacci l’ha definita la “pittrice-pellegrina”, una delle ultime artiste viaggiatrici che raccontano il mondo (interiore ed esteriore) attraverso costumi, danze, paesaggi, fiori e frutti. Simboli e colori della vita. “Quando ho cominciato a dipingere la mano seguiva il pensiero, traducendo in immagini i sogni che da tempo mi abitavano dentro. Il respiro delle sensazioni, finalmente libere di manifestarsi, si fece forte: il sogno durevole e le visioni parlarono con linguaggio mitologico”, scriveva l’artista nel 2005 presentando “Nel labirinto di Arianna”, un catalogo dedicato alle sue opere mitologiche. L’Iliade come ispirazione, ma anche il volo di Icaro, che insieme a Dedalo appare come uno sperimentatore dei sogni e della vita.

Dieci anni, affinchè il viaggio interiore nei sogni e nei linguaggi mitologici si trasformasse in un altro tipo di esperienza, questa volta volutamente interattiva/integrativa. Donne e colori compaiono con la forza di un realismo/espressionismo quasi fotografico, dove non c’è trucco non c’è imbroglio su colori figure e paesaggi. Le donne abruzzesi, africane ed europee che danzano con i loro costumi tradizionali – figure realmente attinte dalla Festa dei Popoli, manifestazione folcloristica svoltasi a Chieti – escono dalle tele per parlare al singolo visitatore di pace, di integrazione, di amore. Iniziano i viaggi in Africa e in Spagna E a giugno 2017, nella splendida cornice dell’Aurum-fabbrica delle Idee di Pescara, arriva “Effetto Farfalla”, la mostra personale di Mirta Maranca che questa volta non si rivolge soltanto al singolo visitatore ma, come sottolinea il critico d’arte Massimo Pasqualone, il suo “svelare, interpretare, sviscerare quel quid che fa da squarcio e varco alla incapacità di vivere”, rivela il suo “sciamanesimo esegetico”, tracciando una vibrante relazione tra immagine e memoria sociale. Fermiamoci ad osservare “Mariposas”, forse la sua opera più emozionante.

Il quadro è dedicato alle quattro sorelle Mirabal, che combatterono la dittatura nella Repubblica Domenicana: tre di loro vennero torturate e uccise alla fine del 1960. Il quadro rappresenta la danzatrice dominicana Beatriz Acosta, alla quale Maranca si è ispirata per ricordare le tre sorelle Mariposas: Aida, che decise di accompagnare le due sorelle Maria Argentina e Antonia a trovare i loro mariti rinchiusi in carcere. Il passo di danza di Beatriz Acosta, abbigliata con i colori della bandiera dominicana, non appare molto plastico. Come se la notizia dell’uccisione delle tre sorelle l’avesse gelata. Il braccio, che regge il velo bianco disegnato a mezz’aria, resta sospeso come fosse un sipario. E sotto questo velo bianco stanno passando tre farfalle blu, che rappresentano le vittime della dittatura. In primo piano c’è una farfalla più grande, con colori più accesi, che rappresenta la quarta sorella, Adele, quella vissuta fino al 2014. A differenza di tutti gli altri quadri che raffigurano le danzatrici, in questo quadro la modella non ride. E' pensierosa, eppure consapevole del fatto che, dopo il sacrificio delle sorelle Mariposas, il suo Paese è stato liberato dalla dittatura di Trujillo.

Anche in “Ricordando il Venezuela” la danzatrice in abiti tipici non sorride mentre accenna una giravolta: ma d’altronde ci troviamo di fronte a un ricordo che porta a un’altra dittatura, a una situazione politica che sta portando alla rovina uno dei paesi più belli e più ricchi del Sud America. Un ricordo triste, dunque. Immagine e memoria sociale. A cui l’artista aggiunge la capacità di riuscire a percepire l’energia di un popolo e di viaggiare (danzare?) insieme ad esso verso un mondo nuovo. Spirito e materia insieme, come accade nella realtà, ma in un tripudio di simboli, colori e armonia. Se si potesse creare meccanicamente una pittura così genuina, dovremmo pensare a un mix composto dalla passione di Frida Khalo, dalla forza narrativa del Realismo pittorico, dai colori vividi dell’Iperrealismo e dalla visione cosmica dell’arte sciamanica. Ma non c’è bisogno di tentarlo, un cocktail del genere. Ci sono già le opere di Mirta Maranca.

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