Liliana Cosi presenta il “Don Chisciotte”: vi farà innamorare della danza
L’étoile racconta il balletto che la sua compagnia porta ad Avezzano «Ai giovani dico che ballare non è fare sport, devi saper emozionare»
AVEZZANO. «Non c’è occasione migliore per avvicinare al balletto classico chi non l’ha mai visto»: così Liliana Cosi presenta il “Don Chisciotte” in scena stasera alle 21 al Teatro dei Marsi di Avezzano. Tratto dal capolavoro di Cervantes, questo balletto in due atti e quattro scene combina lo stile del coreografo francese Marius Pepita (1818-1910) con quello di Marinel Stefanescu, ballerino e coreografo rumeno venuto a mancare nel 2023. Insieme a lui Liliana Cosi ha fondato a Reggio Emilia, alla fine degli anni ’70, un’accademia di danza e la compagnia Nuovo balletto classico, che porta in scena lo spettacolo di stasera e della quale lei, milanese classe 1941, è oggi presidente onoraria dopo essere stata a lungo stella indiscussa della danza internazionale, prima ballerina alla Scala ed étoile più volte partner, tra gli altri, di Rudolf Nureyev.
Cosi, che spettacolo è quello di stasera?
«È un balletto tra i più amati dal pubblico che in genere va a teatro a vedere il balletto. È molto vivace, non segue tanto la storia del Don Chisciotte di Cervantes ma è una “scusa”, chiamiamola così, per mostrare la ricchezza e la bellezza delle danze spagnole in vari stili. Nello stile popolare, con le scarpe col tacco proprio come quello vero, di strada, e lo stile invece della danza classica sulle punte. Ed è bellissima la musica di Ludwig Minkus (1826-1917), compositore austriaco che ha scritto molta musica in stile spagnolo. La coreografia è di Stefanescu, che l’ha reinventata nella passologia e nelle scene, ma ha lasciato il grande finale del passo a due. È un capolavoro perché è l’esempio dell’assimilazione della danza classica con la stile spagnolo».
In una realtà di provincia non è facile trovare tantissimi appassionati di balletto. Cosa direbbe a un profano per invitarlo a teatro stasera?
«Che questo “Don Chisciotte” è l’occasione giusta, perché non si deve essere degli intenditori, piace a chiunque. È molto accattivante. C’è anche un po’ di comico, momenti che fanno sorridere. È veramente adatto per avvicinare il pubblico a una forma artistica alla quale si è meno abituati».
Con Stefanescu lei ha fondato una scuola e una compagnia di danza. Come è nato questo progetto?
«Oltre a essere un bravissimo primo ballerino, aveva questa capacità di creare e di coreografare cose nuove. Ha sempre avuto un grandissimo rispetto del pubblico: anche se la moda andava da un’altra parte, lui diceva che il pubblico va rispettato, l’artista è un educatore e dunque bisogna fare qualcosa che aiuti il pubblico a elevarsi. Queste sono idee molto belle che applicate all’arte e alla danza possono aiutare tanto i giovani. Diceva: “Devi fondare una scuola, devi lasciare un’eredità”. L’abbiamo fatto. Anche per il pubblico, per offrire un po’ di bellezza, di gioia. Oggi soprattutto mi sembra che ce ne sia un gran bisogno».
La scuola e la compagnia sono tra le cose di cui è più orgogliosa?
«Assolutamente sì, perché non ho pensato solo a me. Ora che ho un’età un po’ avanzata abbiamo lasciato tutta questa eredità di scene, costumi e ambiente ai nostri primi ballerini che hanno avuto il coraggio di andare avanti».
Come ricorda Nureyev?
«Tanti dicono che aveva un brutto carattere, ma con me aveva un buon carattere. Ci si capiva e si lavorava bene insieme. Ci siamo trovati molto bene perché avevamo un grande amore per l’arte, punto e basta».
Il mondo del balletto russo quanto è diverso da quello al di qua della Cortina di ferro?
«Lì lo Stato investiva nell’arte come cosa primaria. Tutte le migliori scuole di musica e di balletto classico si trovavano in Russia. Preparavano i ballerini che poi diventavano famosi in tutto il mondo, dove andavano e spiazzavano gli altri. Ho imparato come si fanno le cose a un livello alto. La scuola di Reggio Emilia è un prototipo di ciò che si fa in Russia».
Il mondo della danza oggi è molto cambiato rispetto a una volta?
«Adesso si prende un po’ come esempio la ginnastica artistica e purtroppo a volte le ballerine sembrano più ginnaste che artiste. L’importante è l’unicità che la ballerina o il ballerino con la sua persona può dare al pubblico, anche se non ha quelle performance strabilianti che vedi alle Olimpiadi. La danza è altra cosa, non è proprio uno sport. Bisognerebbe inculcare ai giovani che l’importante è la personalità, l’unicità da regalare al pubblico, non l’esecuzione».
Cosa direbbe ai giovani che oggi si stanno avvicinando al mondo del balletto e della danza in generale?
«Di cercare una buona scuola che li prepari e di non avere premura: la danza non la si impara in pochi giorni né in pochi anni. Non premi un bottone e diventi un ballerino. L’importante è sapere che devi trasmettere non tanto le tue gambe o le tue braccia, ma devi esprimere la tua anima, la tua personalità: questa è una cosa unica che hai la possibilità di fare con la danza».