Lo scrittore Dario Ferrari all’Università dell’Aquila per “Aurore d’autunno”
L’incontro domani per parlare del suo libro “La ricreazione è finita” L’autore viareggino: «L’Abruzzo nel cuore grazie al Premio Flaiano»
L'AQUILA. «No, non sono io quel Marcello Gori. Il mio personaggio è una specie di Zeno Cosini post-moderno, una sorta di vitellone consapevole del fatto di essere incompleto». Dario Ferrari parla così del protagonista del suo romanzo La ricreazione è finita, edita da Sellerio e vincitore del Flaiano Narrativa e del Premio Satira (entrambi nel 2023). Domani, l'autore viareggino sarà ospite all'Aquila di un incontro nell'ambito del cartellone delle attività culturali di ateneo, “Aurore d'autunno”. L'appuntamento è alla libreria Colacchi (corso Vittorio Emanuele II) alle 18.
Il libro racconta la storia di Marcello Gori, un ragazzo di provincia, viareggino, che cerca di sfuggire al suo destino di gestore del bar di famiglia laureandosi in lettere e tentando concorsi di dottorato, compreso quello presso la sua università di Pisa. Per una serie di circostanze impreviste, e a dispetto sia del professore titolare della cattedra che ha bandito il concorso, sia dei colleghi di lungo servizio in attesa di una sistemazione, Marcello entra nella terna dei vincitori e gli viene assegnato, come argomento per la sua tesi, un lavoro sulla vita e le opere di un oscuro scrittore anche lui di Viareggio, Tito Sella. Quando Marcello cerca di capire chi sia, scopre che ha scritto di narrativa, ma che soprattutto e quasi solamente è ricordato come terrorista italiano degli anni '70.
«Non è un libro necessariamente autobiografico», ribadisce Ferrari, «i personaggi sono verosimili ma immaginari, anche Tito Sella che ho cercato, tuttavia, di rendere credibile». Uno spaccato sulle dinamiche accademiche raccontate non senza un velo di ironia, così come gli anni di piombo che riaffiorano da una prospettiva inedita.
Ferrari è nato a Viareggio, ha studiato filosofia a Pisa dove ha conseguito un dottorato di ricerca. Ha esordito nella narrativa con La quarta versione di Giuda (2020). Dialogherà con l'autore Lucia Faienza.
Ferrari, il suo libro non tace sulle dinamiche di un ambiente accademico, dove sono ancora i cosiddetti baroni a dettare tempi e modi. Non le suscita imbarazzo presentare il suo lavoro negli atenei?
«All'inizio pensavo di sì, ma poi ho visto che tante persone, pur stentando a riconoscere se stesse in queste dinamiche, ne riconoscevano i meccanismi apprezzando le descrizioni».
Del resto, Jonathan Swift parlava della satira come di uno specchio in cui ognuno riconosce tutti i volti possibili tranne il proprio...
«Beh, chi meglio di Swift avrebbe potuto dirlo?»
La storia di Tito Sella tira in ballo gli Anni di piombo, qui raccontati con una prospettiva inedita, anche ironica, pur senza sottovalutare la gravità degli episodi.
«Ho cercato di fare chiarezza su questi anni che per me erano abbastanza oscuri, con tutti gli aspetti controversi della violenza, mista alla pretesa di riuscire a cambiare il mondo. Rivendico comunque il mio modo di raccontare il mondo da una finestra di periferia e lo faccio come fosse una commedia seria».
Dell'Abruzzo cosa ha a cuore?
Beh, sicuramente il recente premio Flaiano che mi hanno assegnato e poi un viaggio che feci da piccolissimo a Pescasseroli, insieme ai miei genitori.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Il libro racconta la storia di Marcello Gori, un ragazzo di provincia, viareggino, che cerca di sfuggire al suo destino di gestore del bar di famiglia laureandosi in lettere e tentando concorsi di dottorato, compreso quello presso la sua università di Pisa. Per una serie di circostanze impreviste, e a dispetto sia del professore titolare della cattedra che ha bandito il concorso, sia dei colleghi di lungo servizio in attesa di una sistemazione, Marcello entra nella terna dei vincitori e gli viene assegnato, come argomento per la sua tesi, un lavoro sulla vita e le opere di un oscuro scrittore anche lui di Viareggio, Tito Sella. Quando Marcello cerca di capire chi sia, scopre che ha scritto di narrativa, ma che soprattutto e quasi solamente è ricordato come terrorista italiano degli anni '70.
«Non è un libro necessariamente autobiografico», ribadisce Ferrari, «i personaggi sono verosimili ma immaginari, anche Tito Sella che ho cercato, tuttavia, di rendere credibile». Uno spaccato sulle dinamiche accademiche raccontate non senza un velo di ironia, così come gli anni di piombo che riaffiorano da una prospettiva inedita.
Ferrari è nato a Viareggio, ha studiato filosofia a Pisa dove ha conseguito un dottorato di ricerca. Ha esordito nella narrativa con La quarta versione di Giuda (2020). Dialogherà con l'autore Lucia Faienza.
Ferrari, il suo libro non tace sulle dinamiche di un ambiente accademico, dove sono ancora i cosiddetti baroni a dettare tempi e modi. Non le suscita imbarazzo presentare il suo lavoro negli atenei?
«All'inizio pensavo di sì, ma poi ho visto che tante persone, pur stentando a riconoscere se stesse in queste dinamiche, ne riconoscevano i meccanismi apprezzando le descrizioni».
Del resto, Jonathan Swift parlava della satira come di uno specchio in cui ognuno riconosce tutti i volti possibili tranne il proprio...
«Beh, chi meglio di Swift avrebbe potuto dirlo?»
La storia di Tito Sella tira in ballo gli Anni di piombo, qui raccontati con una prospettiva inedita, anche ironica, pur senza sottovalutare la gravità degli episodi.
«Ho cercato di fare chiarezza su questi anni che per me erano abbastanza oscuri, con tutti gli aspetti controversi della violenza, mista alla pretesa di riuscire a cambiare il mondo. Rivendico comunque il mio modo di raccontare il mondo da una finestra di periferia e lo faccio come fosse una commedia seria».
Dell'Abruzzo cosa ha a cuore?
Beh, sicuramente il recente premio Flaiano che mi hanno assegnato e poi un viaggio che feci da piccolissimo a Pescasseroli, insieme ai miei genitori.
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