Luca Zingaretti regista: «Accettare il dolore è parte della rinascita»

12 Aprile 2025

L’attore ha presentato a Spoltore la sua opera prima “La casa degli sguardi”: «In Abruzzo mi sono sempre trovato alla grandissima. È come se a quel territorio impervio, alla sua rudezza, facesse da contraltare la gentilezza delle persone»

PESCARA. Marco ha lo sguardo dolente di chi si sente già sconfitto a vent’anni. Gioca sempre in difesa, chiudendo fuori tutti, amici, amori, il paziente padre. Ma è anche dolce e disarmante, quando il cipiglio perennemente incazzato inaspettatamente si trasforma in un sorriso sbilenco. Marco è il protagonista del film La casa degli sguardi, tratto dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli (Mondadori, 2018), felice esordio alla regia – a parte poche puntate del Commissario Montalbano – di Luca Zingaretti. L’amatissimo attore e regista è stato la scorsa settimana al cinema Arca di Spoltore per accompagnare la sua opera prima, già vista alla Festa del cinema di Roma e poi al Bif&st, in sala dal 10 aprile con Lucky Red. Un film denso di dolore e di lutto, ma anche di malinconica tenerezza, grazie alla straordinaria interpretazione di Gianmarco Franchini, già visto in Adagio di Stefano Sollima.

Protagonista, appunto, è Marco, giovane sensibile e tormentato che cerca di sfuggire ai suoi demoni aggrappandosi alla grappa e agli psicofarmaci, incapace di affrontare la vita senza annullarsi in un vuoto alcolico. Poeta di qualche successo, ha paura di sognare e i versi li scrive solo quando è annientato. Una spirale autodistruttiva che lo isola dagli affetti: l’ultima speranza arriva con il lavoro in una cooperativa di pulizie nell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, dove il confronto quotidiano con la fatica, la malattia e la morte lo porta a sfidare i suoi labili limiti emotivi.

Zingaretti ha ritagliato per sé il ruolo del padre che, pur nella sua essenza di uomo semplice, non vuole arrendersi a questo figlio e lo accudisce con commoventi gesti quotidiani e con il suo esserci testardamente e comunque. Un uomo concreto, di principi: è tramviere perché, spiega il regista dopo la proiezione, citando la celebre canzone di De Gregori, il tram «ha la strada segnata, mentre il bufalo può scartare di lato e cadere». Di questa storia, racconta, «quello che mi ha colpito di più è stata proprio la fragilità di Marco, che cerca di uscire dal tunnel in cui è precipitato. Mi interessava una riflessione generale sul dolore» come parte naturale della vita, da accettare ed elaborare in un processo di purificazione e rinascita. La riflessione si estende poi a temi più ampi, come la funzione salvifica del lavoro. Spiega ancora Zingaretti, «il lavoro, nella vita di un essere umano, non è solo quella cosa che ti dà i soldi per vivere, ma anche un modo per dare senso e significato alla propria esistenza».

Lo Zingaretti regista trova per il suo primo film un protagonista straordinario, che dona con commovente delicatezza lo sguardo e il corpo quasi sofferente al tormento di Marco. «Gianmarco Franchini è stato veramente pazzesco», rivela il regista, che l’ha scelto al primo giorno di provini. «La sua emozione esce quasi fuori dallo schermo. Poter incontrare talenti così puri è sempre un grande piacere».

La casa degli sguardi abbraccia temi importanti come la compassione, l’amicizia, l’empatia e il lavoro per raccontare la fragilità di una generazione che fa fatica ad accettare i difficili risvolti della vita. Rispetto al libro, il film si discosta nel rinunciare alla figura della madre del protagonista, la cui morte è indicata come innesco del disagio esistenziale di Marco: una forma forse un po’ semplificata per dare al mal di vivere del protagonista quella giustificazione convenzionale che invece, nella realtà, appare molto meno netta e necessaria.

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