Marcorè: elementare Watson somiglio a Sherlock Holmes
Prima esperienza in note per l’investigatore dei romanzi di Arthur Conan Doyle L’attore: il mio atteggiamento un po’ flemmatico mi porta a essergli molto vicino
L’orologio nel taschino, l’impermeabile per le umide notti londinesi e l’immancabile pipa fumante. «Elementare, Watson!». Sherlock Holmes è tornato. L’investigatore più celebre, citato e omaggiato di tutti i tempi, dopo i romanzi di Arthur Conan Doyle, ma anche i film con Robert Downey Jr. e Jude Law o la serie cult con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman fino a Enola Holmes con Millie Bobby Brown, ora arriva in teatro con il volto di Neri Marcorè e il primo musical a lui dedicato: Sherlock Holmes – Il musical, appunto, con la regia di Andrea Cecchi, dal 7 al 10 novembre al Brancaccio di Roma e poi in tournée (tra le tappe, Assisi, Padova, Reggio Emilia, Bologna, Trento, Imola, Ancona, Modena, Prato).
«Perché Sherlock Holmes? Lo leggevo da ragazzo» racconta Marcorè, al debutto in un musical. «È uno di quegli eroi della giustizia che conosci anche senza conoscerli a fondo. Un personaggio positivo, ma con quelle contraddizioni che lo rendono umano e affascinante. E poi» sorride «il suo è un abito in cui mi trovo bene. Il mio atteggiamento un po’ flemmatico, che taluni definiscono “british” nei confronti dell'ironia o della vita, mi porta a essergli molto vicino». Nato dalla penna di Arthur Conan Doyle oltre un secolo fa, nel 1887, Holmes ebbe subito un successo tale che neanche il suo autore riuscì a fermarlo, tentando di scriverne la morte ne L'ultima avventura (1893), durante un duello in una cascata con il suo acerrimo nemico Moriarty, costretto poi a farlo sopravvivere per volere dei lettori nel successivo L'avventura della casa vuota (1903).
Prodotta da Ad Astra Entertainment, Compagnia delle Formiche e Artisti Riuniti e scritta da Andrea Cecchi, Alessio Fusi ed Enrico Solito, su musiche di Andrea Sardi e liriche di Alessio Fusi, quella ora in scena è un’avventura originale, con supervisione e approvazione dell’Associazione Sherlockiana Italiana Uno Studio in Holmes Aps, che riporta l’investigatore nella violenta e cupa Londra di fine Ottocento.
È il 17 giugno 1897 e Sherlock vive in totale apatia, cosciente che dopo la morte di Moriarty non esistono più criminali al suo livello. Ma un omicidio, messaggi cifrati e la minaccia di un attentato proprio il giorno del Giubileo della regina Vittoria, risvegliano il suo genio. Con lui, l’inseparabile dottor John H. Watson (Paolo Giangrasso), l’ispettore G. Lestrade (Giuseppe Verzicco) e la signora Hudson (Barbara Corradini), la proprietaria di casa di Holmes al 221B di Baker Street. «Il mio Sherlock? Abbiamo lavorato gomito a gomito con l'Associazione Sherlockiana. Io poi gli ho dato un mio tocco di humour in più», prosegue Marcorè. «In un momento non facile, questo è un musical “vero”: in scena siamo in 22 e le scenografie sono così imponenti che giriamo l’Italia con due bilici. Si canta e si recita altrettanto. No, io non ballo, anche se non mi sarei tirato indietro. Anzi», sorride «da una certa età ho scoperto di essere abbastanza portato». Primo film (Zamora uscito ad aprile scorso), poi primo musical, è una stagione in cui ha voglia di sperimentare? «Non ho programmi», risponde. «Sono occasioni che arrivano e devi essere pronto a misurarti con sfide diverse. Ma l’ho sempre fatto, dalla prima conduzione al primo film da attore, poi il primo concerto. Mi incuriosisce la novità ed esplorare codici diversi sul palco». Dopo il musical, «che riprenderemo anche la prossima stagione», ad attendere Marcorè fino a maggio c’è il teatro-canzone de La buona novella dedicato a Fabrizio De André, per la regia di Giorgio Gallione. «Un secondo film da regista? Il progetto c’è», conclude «anche se ancora non è pianificato».