Serial killer, spie e perdenti all’ombra dell’Ilva
Rubini nella Puglia di oggi con “Il Grande Spirito” Judi Dench lavora per il Kgb, Efron è Ted Bundy
C’è la Puglia da cartolina dei film benedetti dalla film commission e la Puglia altra, raccontata dal pugliese Sergio Rubini. Come nel suo nuovo film "Il Grande Spirito". Il 59enne cineasta di Grumo Appula in questo 13esimo lungometraggio da regista ambienta la storia di due perdenti a Taranto, nella periferia su cui incombono le ciminiere dell'acciaieria Ilva. Rubini è lo sgangherato rapinatore Tonino, che dopo una rapina in cui ha sottratto il malloppo ai due complici scappa sul terrazzo in cima a un condominio. Lì incontra l'altro eccentrico looser Renato, Rocco Papaleo. Lo strano individuo dice di chiamarsi Cervo Nero e appartenere alla tribù dei Sioux, e sostiene che il loro incontro è voluto dal Grande Spirito Manitù. Renato/Cervo Nero si sente parte di una minoranza e attua l'estrema forma di resistenza di non scendere mai dal terrazzo perché teme di ammalarsi come suo padre, operaio dell'Ilva.
Altra novità "I figli del Fiume Giallo" del cinese Jia Zhangke, quattro anni dopo il bellissimo "Al di là delle montagne". Tra gangsta-movie e melò il film segue le vicende della ballerina Qiao (Zhao Tao, compagna e musa del regista), amante del gangster Bin (Fan Liao). Nel 2001 per difendere il suo uomo in uno scontro tra bande, Qiao spara un colpo: risultato, una condanna a cinque anni di carcere. Uscita di prigione, la donna inizia un viaggio attraverso la Cina, lungo 17 anni e 8mila chilometri, per ritrovare Bin. Ma l'uomo e il Paese, travolto dalla modernità, sono profondamente cambiati.
Presentato in anteprima a L'Aquila Film Festival, ecco il documentario "Che fare quando il mondo è in fiamme?" di Roberto Minervini, 48enne marchigiano di Monte Urano, da una decina di anni negli Stati Uniti. Girando nel sud, in bianco e nero per rimarcare il contrasto tra il mondo dei bianchi e quello dei neri, Minervini prende le mosse dall'estate 2017, quando brutali uccisioni di giovani afroamericani per mano della polizia scuotono gli Stati Uniti. Il film, titolo mutuato da un vecchio gospel, racconta le vite di alcune persone della comunità nera. Intanto le Black Panther organizzano una manifestazione di protesta.
Judi Dench è "Red Joan": nel film di Trevor Nunn la storia vera della "nonna spia" Melita Norwood, placida casalinga ottantenne arrestata nel 1999 con l'accusa di spionaggio durante la Seconda Guerra mondiale. Nella finzione la protagonista si chiama Joan Stanley, interpretata da Sophie Cookson quando la trama va a ritroso al 1938: studentessa di fisica a Cambridge, Joan s'innamora del giovane comunista Leo Galich (Tom Hughes) e della sua visione del mondo. Assunta durante la guerra nella struttura di ricerca sul nucleare, dopo il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki decide di consegnare i segreti militari ai russi del Kgb.
Altra storia vera in "Ted Bundy - Fascino criminale" di Joe Berlinger, con Zac Efron nei panni dell'efferato killer seriale di donne arrestato nello Utah nel 1975 e giustiziato nel 1989. Belloccio e dalla parlantina sciolta, Ted fu processato in diretta tv e riuscì a sedurre anche la platea televisiva. La storia è raccontata dal punto di vista della sua fidanzata Liz (Lily Collins, figlia del musicista Phil), che a lungo ignorò la terribile realtà. John Malkovich è il giudice Cowart.
L'horror "Pet Sematary" di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer è la nuova versione, dopo la pellicola del 1989, dell'omonimo romanzo di Stephen King del 1983. Il dottor Louis Creed (Jason Clarke) si trasferisce con la famiglia da Boston a una cittadina del Maine in mezzo ai boschi. Quando il gatto di casa, adorato dai due bambini Creed, muore, Louis lo seppellisce in un misterioso cimitero di cui gli ha parlato l'anziano vicino Jud (John Lithgow), su cui aleggia una leggenda indiana.
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