27 gennaio
Oggi, ma nel 1901, a Milano, nella stanza 105 del Grand hotel et de Milan di via Alessandro Manzoni, dopo sei giorni di agonia causati dall’ictus che lo aveva colto il 21, alle 2.50, spirava Giuseppe Verdi, di 88 anni. La notizia del decesso sarà data il giorno successivo, sul quotidiano piacentino “La Libertà” - i genitori di Verdi, Carlo e Luigia Uttini, erano originari della zona, in provincia di Piacenza, rispettivamente Sant’Agata di Villanova sull’Arda e Saliceto di Cadeo - dal librettista Giuseppe Giacosa e sarà poi ripresa il 29 dagli altri giornali nazionali e non solo, data la portata del personaggio. Aveva richiesto, nelle disposizioni testamentarie, un funerale modestissimo, senza canti né cori e il lascito di mille lire ai poveri di Sant’Agata. Ma il corteo funebre, formalmente privato, sarà ugualmente un fiume di estimatori del maestro di Le Roncole di Busseto.
Percorrerà piazza Camillo Benso conte di Cavour, via Daniele Manin, attraverserà i bastioni di Porta nuova e poi quelli di Porta Giuseppe Garibaldi per arrivare al cimitero monumentale. Poi dopo un mese i resti mortali saranno spostati nella cripta della Casa di riposo per musicisti, fondata dallo stesso Verdi, accanto alla moglie, e si terrà una seconda cerimonia funebre, quella di Stato, con tanto di “Va pensiero” diretto da Arturo Toscanini e 300mila fedelissimi al seguito. Verdi (nella foto, particolare, disteso sul letto mortuario, nello scatto di Giulio Rossi), tra l’altro, era stato senatore del regno d’Italia dal 15 novembre 1875 e precedentemente deputato, dal 18 febbraio 1861 al 7 settembre 1865, quale esponente della Destra storica.
Nel capoluogo lombardo, dal 1872, risiedeva nell’albergo dove trovava la morte perché logisticamente comodo per raggiungere il teatro alla Scala, luogo nevralgico delle sue esibizioni. Singolare era stata l’attenzione dei meneghini durante la fase d’incoscienza dovuta al colpo apoplettico: avevano sparso paglia lungo le arterie di collegamento intorno alla camera per attutire il rumore degli zoccoli dei cavalli e lo sferragliare delle ruote delle carrozze in segno di rispetto. Nel 1913, in occasione del centenario della nascita di Verdi, verrà pubblicata, in italiano e in francese, la biografia “Verdi” di Camille Bellaigue, scritta anche col contributo di Arrigo Boito che era stato collaboratore di Verdi nell’ultima fase produttiva, con 16 incisioni fuori testo, edita dai Fratelli Treves della città ambrosiana.