Va in scena la fame di potere e felicità
Al Castello di Avezzano arriva la commedia “La donna più grassa del mondo”
AVEZZANO. “La donna più grassa del mondo”, spettacolo metafora sulle contraddizioni della nostra epoca, arriva a Castello Orsini di Avezzano sabato 6 maggio (ore 21). Simbologia e riflessione in una commedia che parla a un momento storico in cui in cui sembra che la società abbia raggiunto il suo massimo grado di benessere.
Eppure, attraverso una cifra grottesca e paradossale, si arriva a riflettere sulla capacità dell’uomo di immaginare un modo alternativo per raggiungere la felicità che non lo condanni all’autodistruzione. La produzione è del Centro teatrale MaMiMò e arriva nell’ambito della rassegna Teatro Off Teatranti tra tanti. La storia, a firma di Emanuele Aldrovandi, vede interagire sul palco Luca Cattani, Cecilia Di Donato, Marco Maccieri per raccontare una vicenda domestica del tutto particolare. Una grossa crepa minaccia la sicurezza della casa in cui vivono i protagonisti di questa storia, ma solo uno di loro sembra preoccuparsene: è l’uomo del piano di sotto, che da mesi tenta di convincere la coppia di vicini a intraprendere i lavori di ristrutturazione. Il problema è che la crepa si trova proprio sotto il divano della “donna più grassa del mondo”, che pesa quattrocentosessanta chili e non può muoversi. L’unica possibilità per poter intraprendere i lavori sarebbe che il marito la convincesse a dimagrire, ma la felicità che le procura il cibo è troppo grande perché la donna possa rinunciarvi. «Uno spettacolo che nasce dall’urgenza di riflettere sul problema della crisi ambientale», chiarisce la regista Angela Ruozzi, «determinata dal surriscaldamento globale, ma soprattutto dall’incapacità dell’uomo di rinunciare alla sua insaziabile bramosia di ricchezza, di potere. Abbiamo fame insomma. Di qui la scelta di questa donna che è felice quando mangia».
Un’opera, giocata sugli equilibri biologici e climatici del pianeta. «Il cambiamento avverrebbe in maniera così brutale da generare disastri (ondate di calore, siccità, epidemie, migrazioni, guerre) e da non permettere alle specie viventi di adattarsi».
Perché la scelta di una donna come protagonista?
«Bisognerebbe girare la domanda all’autore, Emanuele Aldrovandi. Secondo come lo interpreto io, la scelta di una figura femminile è simbolicamente più forte, più vicina all’essenza di madre terra, violata dai nostri eccessi. Questa Donna grassa, che pur essendo simbolo d’insaziabilità, rimane contemporaneamente metafora di fertilità, ci suggerisce che c’è qualcosa di cui noi esseri umani abbiamo bisogno per un nostro autentico benessere e che non cesseremo mai di desiderare: comunità, connessione, contatto con la natura, equilibrio, la sensazione di una missione più grande dei nostri immediati desideri parcellizzati».
Quando il marito della donna afferma “A mia moglie piace mangiare. Quando mangia è felice. E io amo vederla felice”, la commedia mette in luce un’idea distorta della felicità?
«Anche questa è una metafora del nostro tempo Noi non siamo felici. Abbiamo continuamente fame. Abbiamo le case piene di oggetti, ma ne vogliamo sempre di nuovi. Siamo pieni di contatti, ma non ci soddisfano mai del tutto. Siamo affamati. Siamo afflitti da insaziabilità. L’insaziabilità allo stato puro. La nostra società ha raggiunto una grande libertà, ma questa libertà non ci ha liberato. Continuiamo ad avere fame».
Eppure, attraverso una cifra grottesca e paradossale, si arriva a riflettere sulla capacità dell’uomo di immaginare un modo alternativo per raggiungere la felicità che non lo condanni all’autodistruzione. La produzione è del Centro teatrale MaMiMò e arriva nell’ambito della rassegna Teatro Off Teatranti tra tanti. La storia, a firma di Emanuele Aldrovandi, vede interagire sul palco Luca Cattani, Cecilia Di Donato, Marco Maccieri per raccontare una vicenda domestica del tutto particolare. Una grossa crepa minaccia la sicurezza della casa in cui vivono i protagonisti di questa storia, ma solo uno di loro sembra preoccuparsene: è l’uomo del piano di sotto, che da mesi tenta di convincere la coppia di vicini a intraprendere i lavori di ristrutturazione. Il problema è che la crepa si trova proprio sotto il divano della “donna più grassa del mondo”, che pesa quattrocentosessanta chili e non può muoversi. L’unica possibilità per poter intraprendere i lavori sarebbe che il marito la convincesse a dimagrire, ma la felicità che le procura il cibo è troppo grande perché la donna possa rinunciarvi. «Uno spettacolo che nasce dall’urgenza di riflettere sul problema della crisi ambientale», chiarisce la regista Angela Ruozzi, «determinata dal surriscaldamento globale, ma soprattutto dall’incapacità dell’uomo di rinunciare alla sua insaziabile bramosia di ricchezza, di potere. Abbiamo fame insomma. Di qui la scelta di questa donna che è felice quando mangia».
Un’opera, giocata sugli equilibri biologici e climatici del pianeta. «Il cambiamento avverrebbe in maniera così brutale da generare disastri (ondate di calore, siccità, epidemie, migrazioni, guerre) e da non permettere alle specie viventi di adattarsi».
Perché la scelta di una donna come protagonista?
«Bisognerebbe girare la domanda all’autore, Emanuele Aldrovandi. Secondo come lo interpreto io, la scelta di una figura femminile è simbolicamente più forte, più vicina all’essenza di madre terra, violata dai nostri eccessi. Questa Donna grassa, che pur essendo simbolo d’insaziabilità, rimane contemporaneamente metafora di fertilità, ci suggerisce che c’è qualcosa di cui noi esseri umani abbiamo bisogno per un nostro autentico benessere e che non cesseremo mai di desiderare: comunità, connessione, contatto con la natura, equilibrio, la sensazione di una missione più grande dei nostri immediati desideri parcellizzati».
Quando il marito della donna afferma “A mia moglie piace mangiare. Quando mangia è felice. E io amo vederla felice”, la commedia mette in luce un’idea distorta della felicità?
«Anche questa è una metafora del nostro tempo Noi non siamo felici. Abbiamo continuamente fame. Abbiamo le case piene di oggetti, ma ne vogliamo sempre di nuovi. Siamo pieni di contatti, ma non ci soddisfano mai del tutto. Siamo affamati. Siamo afflitti da insaziabilità. L’insaziabilità allo stato puro. La nostra società ha raggiunto una grande libertà, ma questa libertà non ci ha liberato. Continuiamo ad avere fame».