ELEZIONI USA
Kamala è stata "strangolata" dal cordone ombelicale di Joe
Era nera, ma non abbastanza nera per i neri, non l’hanno votata le minoranze etniche, né gli ex migranti o i poveri senza Obamacare
da New York Giovanna Botteri
Non l’hanno votata le minoranze etniche, non l’hanno votata gli ex migranti, non l’hanno votata i neri: non l’hanno votata – dunque – proprio quelli come lei. Il tema è interessante, ma anche drammatico: perché Kamala Harris ha perso contro Donald Trump? Questa domanda semplice richiede una risposta complessa. Che però, non serve a decodificare il passato, ma a illuminare i problemi che, nel futuro prossimo, getteranno ombre sulle sinistre di tutto l’Occidente: non c’è dubbio (infatti) che il risultato di queste Presidenziali rappresenti un paradosso, ma anche una lezione per tutti coloro che da domani proveranno a prendere per le corna i nuovi populismi, i loro leader, la galassia che nel mondo ha già iniziato a girare vorticosamente intorno al neo Presidente.
Ecco il punto: Kamala rappresentava tutte le persone che avrebbero potuto farla vincere. ma non è riuscita a prendere i loro voti. Non ha raggiunto la maggioranza in nessuna di queste decisive categorie se non nel caso delle donne nere. Ci sono delle attenuanti, ovviamente, ma non bastano a spiegare: la Harris è partita tardi: votata (ma candidata unica), si ritrovava sulle spalle il peso di una eredità per lei tossica, quella di Joe Biden: era del tutto estranea allo stereotipo dell’americano bianco. Tuttavia non era impossibile vincere, e nei primi giorni pure lei viveva in luna di miele.
Ricordo bene, per averla seguita, la prima e la seconda campagna elettorale di Obama, di certo non più facili. In tempo di crisi e disullusioni, Obama era riuscito a parlare al Paese dicendo: l’America è un sogno bellissimo, ma adesso sta male, so che dobbiamo cambiare. Tutti gli Americani, anche e soprattutto gli elettori Dem volevano sentirsi dire questo. Aspettavano il segnale di una rottura, l’unica condizione per coltivare l’audacia della speranza. Obama il segnale lo ha dato, Kamala non c’è riuscita.
Primo punto: i democratici hanno creduto al racconto che si erano costruiti per difendersi dal trumpismo (che però non era vero). Ancora una volta un pezzo di paese si sentiva escluso dal sogno americano. Anche i democratici poveri facevano la spesa al supermercato, arrivavano a fatica a fine mese, si sentivano insicuri. Erano preoccupati per le scuole dei figli. Domanda: non è lo stesso in Italia? Ciò che ha impedito a farsi carico di queste inquietudini, era la narrazione che l’economia con Biden girasse bene, che la disoccupazione fosse stata abbattuta, che il potere di acquisto fosse preservato. Bene, non era vero per tutti. Perdere il contatto con un pezzo di mondo reale, ha reso drammatiche differenze simboliche che in realtà erano fisiologiche: americani che amano la soap più dei documentari sulle libellule della Thailandia che commuovono le star ambientaliste di Hollywood, maschi alfa che amano hot dog e costolette al barbecue, più della cena vegana, e il giardino di casa con la bandiera americana, uomini che preferiscono il baseball a Greta Thumberg, non vedendosi accolti, si sono sentiti respinti. Per essere una nuova Obama, Kamala aveva bisogno di staccarsi dal lascito testamentario di nonno Joe. Non ne ha avuto la forza.
Altro nodo: le minoranze ispaniche faticavano ad appassionarsi ad una donna nera, colta, e della upper class. Le minoranze islamiche sono state prima illuse (“La mia non sarà la politica estera di Biden”) e poi tradite su Gaza. Gaza era più che un legame, un simbolo, che portava al nodo più inestricabile dell’eredità avvelenata: la guerra. Gaza e l’Ucraina hanno trasformato, agli occhi di questi elettori Trump in un pacifista: piaceva ai repubblicani e ai nuovi poveri “Mai guerre con i vostri soldi” solleticava i dem delusi il tema: “Metto fine al conflitto in un’ora”. Un film per cui entrambi – per motivi diversi – avrebbero pagato il biglietto. Anche in questo caso Kamala non accendeva speranze. Quando si è capito che non avrebbe rotto il filo con Biden, è ridiventata la vicepresidente della continuità.
Le elezioni americane ci dicono che anche nel cuore dell’Impero esiste un grande esercito: quello degli sconfitti della modernità. Il loro non voto basta a far perdere i progressisti. Non è questo, in altra forma, il tema dello ztl in Italia? L’America ha una festa, il Thanksgiving che è di tutti, proprio perché non ha altro colore se non la bandiera: non è Natale, non è Ramadan, non è shabbat. Tutti possono essere a stelle e strisce con la propria identità. Ma Trump, dividendo l’America in buoni e cattivi, ha fatto una operazione che ha rotto il contenitore comune, riportando identità inconciliabili al grado zero: così una mattina - finita la luna di miele – Kamala era nera ma non abbastanza nera per i neri, era diversa da Biden, ma legata da un cordone ombelicale, era più procuratrice che donna, più borghese che ex migrante. Ha perso per quasi sei punti nei voti popolari, dove Hillary, pur sconfitta aveva quattro punti in più. Obama ha vinto due campagne sull’Obama care, Trump ha vinto strappando alla Harris i voti di chi non aveva assistenza medica e parlando sempre di inflazione mentre lei non la citava mai. E quando Biden ha dato dei “monnezzari” agli elettori di Trump, si è realizzata la tempesta perfetta, come già per “i miserabili” della Clinton si sono sentiti offesi tutti. Bene, preparatevi: da ieri gli slogan di Trump, risuoneranno in tutta Europa.