Albano: «Il mio Pd sarà un laboratorio, coinvolgo la gente»

16 Novembre 2024

Lancia il suo progetto per contrapporsi al centrodestra: «La mia candidatura è unitaria, ora allarghiamo la base»  

L’AQUILA. Manca solo la ratifica ufficiale, attesa dopo le festività natalizie, a cavallo tra il prossimo congresso del partito e la successiva assemblea provinciale. Intanto però la rotta è tracciata, così come il suo timoniere. Sarà infatti Stefano Albano il successore di Francesco Piacente alla segreteria provinciale del Partito democratico.
Albano, lei che è ormai un’habituè in fatto di sfide elettorali, stavolta si è presentato da solo ed è a un passo da una nomina scontata. Cos’è, le piace vincere facile?
«La mia è in realtà una candidatura finalmente unitaria, nata dall’esigenza di ritrovare quello stesso spirito rintracciato a livello nazionale, laddove, al netto del confronto interno tra Schlein e Bonaccini, si è poi riusciti a trovare una guida unitaria. E non è un caso se il Pd sia cresciuto del 5% in termini di consensi alle ultime Europee rispetto alla tornata precedente.
Ok la guida unitaria, ma quale sarà la nuova strategia del Pd sotto la segreteria provinciale di Albano?
«Costruire l’alternativa al centrodestra, da un lato – ma non per contrapposizione, bensì attraverso la costruzione di un progetto politico – e dall’altro, costruire una coalizione che sia stabile e larga. Ecco perché tra i miei primi atti ci sarà quello di convocare tutte le forze politiche e i movimenti che vogliono farsi alternativa al centrodestra. Penso all’alleanza con le forze civiche di pregio, come il Passo possibile, per dirne uno, che all’Aquila sta già facendo un ottimo lavoro di opposizione. Ma molto si giocherà sulla nostra capacità di tornare a intessere relazioni con pezzi di società civile».
E come li intercetterete questi pezzi di società civile ormai rassegnati a un territorio sempre più a trazione di centrodestra?
«Semplicemente attraverso il sentiero già tracciato dal segretario cittadino del Pd L’Aquila, Nello Avellani, che si chiama Costituente. L’idea è infatti quella di organizzare delle assemblee pubbliche che allarghino il perimetro dei contributi al di là dei soli iscritti al partito. L’idea che ho io, è che il Pd debba essere un laboratorio itinerante, capace di calarsi tra la gente per cooptarne idee, progetti e sollecitazioni, in modo che possano essere discusse in maniera partecipata fino alla definizione di progetti specifici da calare su misura sui territori. Pertanto costruiremo una tabella di marcia di incontri pubblici su tutta la provincia, proprio per gettare le basi di ogni progetto da lanciare a seconda dei territori di riferimento. In sintesi, sarà un laboratorio aperto alle contaminazioni provenienti dal basso senza vincoli di tesseramento.
Ma non sarà proprio questa velleità di partecipazione, questo eccesso di pluralismo, a creare quella situazione di lotte intestine che vi ha fin qui penalizzato a livello elettorale?
«Al contrario. È solo attraverso il confronto tra le migliori intelligenze che riusciamo ad orientarci rispetto alle risposte da dare ai singoli territori. Che poi è l’elemento di distinzione dallo stile del centrodestra, caratterizzato invece da decisioni prese dai pochi ma subìte da tanti, senza che questi ultimi possano avere la benché minima voce in capitolo».
E come la mettiamo allora con i colleghi di partito che hanno già parlato di una candidatura “elitaria”, decisa nelle stanze dei bottoni del Pd?
«So bene che la mia candidatura non sia sostenuta tout-court. E infatti uno dei primi obiettivi che mi porrò sarà proprio quello di costruire un dialogo con queste persone. Sempre in nome di quello spirito di unità che sarà al centro del mio mandato».
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