Bersani all'Aquila: qui si decide il futuro
Cialente: necessario vincere al primo turno per avere più peso sul governo Monti
L'AQUILA. Massimo Cialente vuole vincere al primo turno. Anzi, deve vincere al primo turno, perché, spiega il sindaco lanciando un'occhiata al segretario del Pd Pierluigi Bersani, «quanta più forza potremmo avere nei confronti del governo e di Monti?».
Questa è la sfida che il candidato del Pd e del centrosinistra lancia agli aquilani dal palco di piazza Duomo («a noi piace fare politica nelle piazze e questa è sempre bellissima anche se i suoi palazzi sono ancora ingessati»). Una sfida contro la sfiducia, la disaffezione, lo scoramento. In quanti domenica andranno a votare? ci si chiedeva ieri in piazza. Pochi? tanti? Otto aspiranti sindaci, 22 liste e 700 candidati non sembrano l'immagine di una città lontana dalla politica, nonostante abbia anche qualche ragione per allontanarsene. E poi, dice Cialente «Questa non è un'elezione come le altre: noi domenica decideremo per i prossimi 70, 90, cento anni il futuro di questa città». Però sarebbe meglio spuntarla al primo turno, «anche se è difficile», dice Cialente, che però già nel 2007 ha dimostrato di potercela fare. Anche se quella era un'altra politica (c'erano ancora i Ds e Forza Italia, An e la Margherita), un altro mondo (la crisi si stava appena affacciando) e un'altra L'Aquila (felice e piena di aquilani).
Però gli avversari un po' lo incoraggiano, con sondaggi che ci si passa l'un l'altro dai telefonini, e fanno sperare il sindaco, che può dire: «Questo non è un comizio ma una festa», una «festa della democrazia e del futuro» che chiude una campagna elettorale «serena, fatta col sorriso sulle labbra, perché abbiamo un progetto e abbiamo l'esperienza per portarla avanti».
A Bersani non viene da fare un «comiziaccio», e non «per motivi sentimentali», perché «abbiamo L'Aquila nel cuore». No, il fatto è che «l'Aquila è un'altra storia». «Negli altri casi si cambia un'amministrazione e via. Questo è un caso in cui può cambiare tutto. In queste elezioni si gioca il futuro della città. Allore c'è bisogno dell'aiuto di tutti e noi lo garantiamo. C'è bisogno dell'orgoglio aquilano e di chi possa interpretarlo. C'è bisogno di chi è stato qui dal primo giorno, fin dal primo momento e il sindaco Cialente c'è stato». E poi «una ricostruzione seria si fa con le persone per bene», dice il segretario dei democratici.
Quanto alla ricostruzione, dice Bersani, «siamo al fianco della legge per la ricostruzione il cui iter parlamentare è avviato ma bisogna accelerare. La legge dovrà prevedere risorse adeguate con scadenze precise e con gli enti locali che abbiano in mano la situazione. Mi pare che il governo con il ministro Barca abbia compreso la situazione».
Una situazione che il Pd e Cialente avevano capito subito: «Avevamo detto che l'emergenza, che è il primo intervento, andava subito collegata al processo di legislazione, a risorse certe e a un meccanismo che non fossero commissariamenti a go-go. Questa è stata sempre la nostra esperienza in casi del genere ma non si è voluta seguire», prosege Bersani. «Passo per passo noi ci siamo sempre stati, ad esempio quando c'era da affrontare il problema delle tasse o dell'Imu o dei fondi a disposizione dei parlamentari stanziati per la questione del lavoro, perché la ricostruzione si accompagnasse a un pò di rilancio economico».
C'è spazio nelle parole di Bersani anche per la politica nazionale: «Monti deve arrivare alla fine, nel frattempo deve impegnarsi sulla crescita. Però la crescita è una parola grossa. C'è un'emergenza quindi si deve fare qualcosa subito per alleggerire questa recessione. E anche in questo senso un po' di investimenti attraverso gli enti locali che sono sempre stati per noi un meccanismo per dare spinta, a tale proposito non ne conosco altri che abbiano la stessa efficacia e la stessa rapidità, ad esempio la deroga al patto di stabilità e i contratti di programma». Quanto agli avversari-alleati in Parlamento e alle critiche espresse dal Pdl rispetto alle ultime decisioni del governo (Angelino Alfano è anche lui in città), Bersani è categorico: «Sento delle facilonerie nel centrodestra. Allora non ci costringano a rifare tutto un film daccapo. Per un giro dovrebbero stare zitti. Noi che siamo stati all'opposizione dopo questi anni, come Pd abbiamo il diritto di dire cosa va e cosa non va del governo Monti. Chi ci ha portato fin qui dovrebbe risparmiarsi queste battute».
Intanto piazza Duomo continua a riempirsi. La festa non è finita. Tra poco sul palco salità il cantautore Roberto Vecchioni. Bersani scende sulla piazza, sigaro spento in bocca, e si infila nel bar Nurzia per l'ultimo caffé assieme al segretario regionale Silvio Paolucci, a Stefania Pezzopane, Giovanni Lolli, Giovanni Legnini e Claudio Fava. Poi riparte passando a pochi metri dalla sala dove Alfano sta ancora parlando ai suoi.
Questa è la sfida che il candidato del Pd e del centrosinistra lancia agli aquilani dal palco di piazza Duomo («a noi piace fare politica nelle piazze e questa è sempre bellissima anche se i suoi palazzi sono ancora ingessati»). Una sfida contro la sfiducia, la disaffezione, lo scoramento. In quanti domenica andranno a votare? ci si chiedeva ieri in piazza. Pochi? tanti? Otto aspiranti sindaci, 22 liste e 700 candidati non sembrano l'immagine di una città lontana dalla politica, nonostante abbia anche qualche ragione per allontanarsene. E poi, dice Cialente «Questa non è un'elezione come le altre: noi domenica decideremo per i prossimi 70, 90, cento anni il futuro di questa città». Però sarebbe meglio spuntarla al primo turno, «anche se è difficile», dice Cialente, che però già nel 2007 ha dimostrato di potercela fare. Anche se quella era un'altra politica (c'erano ancora i Ds e Forza Italia, An e la Margherita), un altro mondo (la crisi si stava appena affacciando) e un'altra L'Aquila (felice e piena di aquilani).
Però gli avversari un po' lo incoraggiano, con sondaggi che ci si passa l'un l'altro dai telefonini, e fanno sperare il sindaco, che può dire: «Questo non è un comizio ma una festa», una «festa della democrazia e del futuro» che chiude una campagna elettorale «serena, fatta col sorriso sulle labbra, perché abbiamo un progetto e abbiamo l'esperienza per portarla avanti».
A Bersani non viene da fare un «comiziaccio», e non «per motivi sentimentali», perché «abbiamo L'Aquila nel cuore». No, il fatto è che «l'Aquila è un'altra storia». «Negli altri casi si cambia un'amministrazione e via. Questo è un caso in cui può cambiare tutto. In queste elezioni si gioca il futuro della città. Allore c'è bisogno dell'aiuto di tutti e noi lo garantiamo. C'è bisogno dell'orgoglio aquilano e di chi possa interpretarlo. C'è bisogno di chi è stato qui dal primo giorno, fin dal primo momento e il sindaco Cialente c'è stato». E poi «una ricostruzione seria si fa con le persone per bene», dice il segretario dei democratici.
Quanto alla ricostruzione, dice Bersani, «siamo al fianco della legge per la ricostruzione il cui iter parlamentare è avviato ma bisogna accelerare. La legge dovrà prevedere risorse adeguate con scadenze precise e con gli enti locali che abbiano in mano la situazione. Mi pare che il governo con il ministro Barca abbia compreso la situazione».
Una situazione che il Pd e Cialente avevano capito subito: «Avevamo detto che l'emergenza, che è il primo intervento, andava subito collegata al processo di legislazione, a risorse certe e a un meccanismo che non fossero commissariamenti a go-go. Questa è stata sempre la nostra esperienza in casi del genere ma non si è voluta seguire», prosege Bersani. «Passo per passo noi ci siamo sempre stati, ad esempio quando c'era da affrontare il problema delle tasse o dell'Imu o dei fondi a disposizione dei parlamentari stanziati per la questione del lavoro, perché la ricostruzione si accompagnasse a un pò di rilancio economico».
C'è spazio nelle parole di Bersani anche per la politica nazionale: «Monti deve arrivare alla fine, nel frattempo deve impegnarsi sulla crescita. Però la crescita è una parola grossa. C'è un'emergenza quindi si deve fare qualcosa subito per alleggerire questa recessione. E anche in questo senso un po' di investimenti attraverso gli enti locali che sono sempre stati per noi un meccanismo per dare spinta, a tale proposito non ne conosco altri che abbiano la stessa efficacia e la stessa rapidità, ad esempio la deroga al patto di stabilità e i contratti di programma». Quanto agli avversari-alleati in Parlamento e alle critiche espresse dal Pdl rispetto alle ultime decisioni del governo (Angelino Alfano è anche lui in città), Bersani è categorico: «Sento delle facilonerie nel centrodestra. Allora non ci costringano a rifare tutto un film daccapo. Per un giro dovrebbero stare zitti. Noi che siamo stati all'opposizione dopo questi anni, come Pd abbiamo il diritto di dire cosa va e cosa non va del governo Monti. Chi ci ha portato fin qui dovrebbe risparmiarsi queste battute».
Intanto piazza Duomo continua a riempirsi. La festa non è finita. Tra poco sul palco salità il cantautore Roberto Vecchioni. Bersani scende sulla piazza, sigaro spento in bocca, e si infila nel bar Nurzia per l'ultimo caffé assieme al segretario regionale Silvio Paolucci, a Stefania Pezzopane, Giovanni Lolli, Giovanni Legnini e Claudio Fava. Poi riparte passando a pochi metri dalla sala dove Alfano sta ancora parlando ai suoi.
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