Carispaq, ultimo bilancio poi la fusione

Il dg Iannucci: manterremo il marchio e confermiamo l’impegno per imprese e privati nella ricostruzione della città

L’AQUILA. Conto alla rovescia per la fusione di Carispaq in Bper. Giovedì 18 approvazione dell’ultimo bilancio, due giorni prima dell’assemblea della capogruppo per l’assorbimento. Il direttore generale Vittorio Iannucci fa il punto sul nuovo assetto, la ricostruzione, il caso Lande e la concorrenza della Banca dell’Aquila.

Quando sarà ripristinata la sede in centro?

«Siamo pronti con la parte progettuale. Spero che i tempi del Comune siano veloci. Avvieremo la fase di selezione delle imprese e dopo l’estate ci auguriamo di partire con la prima pietra. Da quella data serviranno due anni di lavori. Vogliamo rientrare in centro. Per noi e per gli aquilani. Quando è nata la Cassa, il Comune di allora requisì da alcuni proprietari del centro le loro case. La sede è lì».

Sei anni per rientrare in centro. Perché?

«Siamo rimasti pure noi, come i cittadini, impantanati nella burocrazia. Ora c’è un consorzio presieduto da Pierluigi Properzi. Dobbiamo partire».

Imminente la fusione con Bper. Cosa cambia?

«Il 18 aprile approviamo il nostro bilancio 2012, l’ultimo, e gli azionisti sono chiamati a deliberare la fusione per incorporazione con Bper. Non esisterà più Carispaq, che però manterrà il marchio e l’insegna. Il nuovo assetto è già disegnato. La direzione territoriale non ha nulla da invidiare a una direzione generale anche se è più di contenuto commerciale, rapporto con la clientela e supporto alle filiali e al territorio. Buona parte degli uffici e servizi interni vengono accentrati. Vi sono uffici della capogruppo ma fisicamente all’Aquila, che si occupano di contenzioso, ispettorato, contabilità. Alcune lavorazioni accessorie affidate a Bper service, che ha già delle unità per l’informatica, saranno implementate con altre persone».

Quanta gente perderà il posto?

«Il prepensionamento o l’esodo incentivato riguarda 25-27 persone che per raggiunti limiti di età possono o essere collocate in pensione dal primo luglio o, con la formula del fondo esuberi, accompagnate alla pensione nel giro dei prossimi due anni e mezzo e andranno via il primo gennaio 2016. Questi i numeri. Per ora non è prevista la loro sostituzione. Per le altre unità la riconversione professionale si traduce in mobilità professionale o territoriale. Alcuni potranno spostarsi nelle filiali, qualcuno a Modena, altri impiegati in attività di rete o di area. Sono state create le strutture di area, una all’Aquila e una ad Avezzano, ciascuna con 27-30 filiali seguite da due capi area. Il potenziamento delle strutture commerciali serve ad accorciare la catena. Alcune responsabilità e autonomie su condizioni e fidi andranno sui capi filiale fino a un certo limite. Per le pratiche importanti c’è la direzione territoriale».

Come l’ha presa il personale?

«Tutti la prendiamo come un’esigenza, una necessità. Comunque bene. È un fatto psicologico. Non abbiamo più la nostra banca ma confluiamo in qualcosa di più importante, più solido. Per i nostri giovani si aprono opportunità importanti. La nuova organizzazione è modello per la capogruppo».

Quanti sportelli si perdono?

«Avremo tutti quelli della provincia. Ci saranno degli scambi. Del Lazio manteniamo Guidonia, Tivoli, Rieti e Passo Corese. L’Umbria è una nostra area di espansione. Roma e Viterbo passano al Lazio. Perdiamo Pescara ma guadagniamo le ex Bls, circa 8, in provincia».

Che fine farà il cda?

«Sparisce e diventa comitato territoriale, di nomina Bper. Dovrebbe assorbire tutti o quasi gli attuali membri tra cda e collegio sindacale».

Come stanno i conti?

«Col segno più. L’aumento degli impieghi come da raccolta è dovuto soprattutto ai fondi della ricostruzione che rimpolpano il bilancio. Il calo dell’utile netto per il 2012 è dovuto al fatto che tutto il sistema bancario sconta forti svalutazioni sui crediti. La crisi reale del paese determina l’aumento di crediti deteriorati. Anche per effetto di un’indicazione di maggior rigore da Bankitalia nella valutazione di questi crediti il sistema si è allineato e ha contabilizzato maggiori svalutazioni rispetto a quelle previste. Non sono perdite vere e proprie ma accantonamenti che ci auguriamo di rivedere come plusvalenze negli anni successivi».

Cosa state facendo per la ricostruzione?

«Siamo capofila per l’erogazione dei fondi sia per l’approccio iniziale con Cassa depositi e prestiti sia con la nuova intesa con il Comune. Abbiamo aperto un ufficio ricostruzione con 7-8 persone facendo da consulenza e supporto alla città e al territorio. Abbiamo intermediato noi 1,2 miliardi per le case danneggiate. Col Comune abbiamo scritto la convenzione per gestire anche la fase coi fondi Cipe da accreditare al Comune».

E chi non ha soldi?

«Abbiamo chiesto e ottenuto da Bper, oltre al nostro plafond di 200 milioni, altri 100 per interventi in Abruzzo. Abbiamo stimolato associazioni e Confidi a fare proposte per utilizzarli. Abbiamo stretto accordi con Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato. Rinnovata la convenzione Etimos. Abbiamo messo sul piatto iniziative per famiglie e imprese. Nonostante l’impegno, il momento non ha consentito di aumentare gli impieghi in maniera soddisfacente. C’è crisi ed è carente la domanda. Si pensa solo a consolidare e ristrutturare il debito. Poche nuove iniziative. Tutte le aziende della ricostruzione hanno con noi la linea di fido, anticipo fatture e anticipo contratti con condizioni particolari in deroga agli standard. Attivo anche l’anticipo parcelle dei professionisti».

La ripresa quando?

«Il quadro è ancora nebuloso. Le risorse non sono tante e non sono certe. Il sistema Cassa depositi e prestiti ha garantito certezza sulla finanza, a noi banca di finanziare l’azienda, all’azienda di non aspettare due o tre anni per il saldo fatture, ai cittadini, ai consorzi e a tutto il resto la rapidità».

Barca dice che gli aquilani gufano. È vero?

«Il territorio sconta molte problematiche, non solo del terremoto. Il sisma, senza offesa per nessuno, è una grossa opportunità. I soldi che arriveranno metteranno in piedi un sistema che oltre all’edilizia riporterà la gente. Se vanno via le persone, e i dati dicono questo, c’è poco da essere gufi. È la realtà. Ci vorranno anni per risollevarsi».

Quanti?

«Almeno dieci. Qui i tentativi di industrializzazione hanno fallito. Manca la piccola media impresa che in altri posti sopravvive. E il turismo è all’anno zero e tutto da sviluppare. Il futuro è la città amministrativa, con caserme e l’università, un po’ di artigianato e un po’ di aziende. Forse qui si litiga un po’ troppo ma diciamo che è normale dialettica»

Caso Lande, truffa Parioli. Quanto vi è costato finora?

«Un po’ di soldi in spese legali e tantissimo come immagine. C’è un processo in corso ma noi siamo vittime di questa storia. Le sanzioni di Bankitalia non dipendono da questo. Non sono 500mila euro: è la metà. Sanzioni personali a ciascun amministratore, sindaco e al direttore pro tempore. Il motivo? Rilievi nei controlli, ma non si salva nessuna banca. Sull’antiriciclaggio abbiamo avuto una nuova visita senza anomalie».

Sta per nascere la Banca dell’Aquila. Che ne pensa?

«Non la vedo come una minaccia. Ci vogliono un bel coraggio e tanti soldi. Una piccola Bcc deve raccogliere minimo 5 milioni ma se non ne hai almeno 6 vai subito in perdita. Rubare i clienti significa offrire condizioni migliori e avere la certezza che i soldi che presto mi tornano indietro. Bastano poche migliaia di euro che vanno a male e già chiudi. Da questa vicenda non abbiamo perso nulla. Il nostro obiettivo resta l’impegno per la ricostruzione».

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