Castelnuovo, la rabbia del paese dimenticato
Le nuove abitazioni saranno pronte forse a Natale e tutti dicono no alla dispersione.
L’AQUILA. Il 30 settembre è sempre più vicino. In quella data la tendopoli che per 6 mesi ha ospitato i 200 abitanti di Castelnuovo di San Pio delle Camere sarà smantellata. Il servizio mensa è stato già disattivato e ora i pasti li prepara Nello che, con la sua famiglia, il 6 aprile ha perso casa e attività: quello che resta del ristorante La Cabina, rinomato per la cucina locale, cattura gli sguardi di chi percorre la statale 17, all’ingresso del paese. Gli abitanti di Castelnuovo - dove tutto sembra essersi fermato a quella tragica notte e il 95% delle abitazioni è inagibile - sono esasperati: dall’ultimo incontro con i tecnici della Protezione civile non sono arrivate buone notizie. Le tende vanno tolte, e non ci sono alloggi nelle vicinanze. Hanno cercato di reperirli, in alberghi, abitazioni private, Bad&Breakfast, setacciando tutta la piana di Navelli.
Nulla. La prospettiva, per famiglie, anziani e ragazzi, è di trascorrere i prossimi mesi sulla costa o nell’altopiano del Sangro, in attesa che venga realizzato il nuovo villaggio di case in legno. Oppure di trovare una sistemazione autonoma, magari contando sulla disponibilità di parenti e amici. «Ma da qui nessuno vuole muoversi» dice Stefania Maurizio a nome dei residenti «e del resto come si fa a chiedere ad una persona anziana, ma anche a chi lavora o deve andare a scuola, di spostarsi a centinaia di chilometri?». Accanto al cimitero è stato realizzato un centro polifunzionale, donato dal Comune di Segrate e a pochi metri sono iniziati, solo da un paio di giorni, i lavori di sbancamento per una delle due aree in cui dovranno sorgere una novantina di casette.
Sui tempi di conclusione delle opere le voci si rincorrono: i più ottimisti parlano di Natale, altri della prossima primavera. «Ci sono stati grossi ritardi» continua Stefania Maurizio «e ora siamo di fronte all’emergenza». Per di più, da quello che abbiamo capito in base al progetto, la nuove case di legno somigliano a vagoni del treno, lunghe e allineate, senza spazi tra l’una e l’altra. Temiamo di dover passare anni e anni in una baraccopoli, che poi resterà lì, a deturpare il territorio. Fortunati i paesi che hanno avuto donazioni, dove le cose stanno ben diversamente». E che fine farà Castelnuovo, quasi completamente distrutto? Dove e come sarà ricostruito? I suoi abitanti se lo chiedono ogni giorno. E intanto attendono di avere un tetto sulla testa.
Nulla. La prospettiva, per famiglie, anziani e ragazzi, è di trascorrere i prossimi mesi sulla costa o nell’altopiano del Sangro, in attesa che venga realizzato il nuovo villaggio di case in legno. Oppure di trovare una sistemazione autonoma, magari contando sulla disponibilità di parenti e amici. «Ma da qui nessuno vuole muoversi» dice Stefania Maurizio a nome dei residenti «e del resto come si fa a chiedere ad una persona anziana, ma anche a chi lavora o deve andare a scuola, di spostarsi a centinaia di chilometri?». Accanto al cimitero è stato realizzato un centro polifunzionale, donato dal Comune di Segrate e a pochi metri sono iniziati, solo da un paio di giorni, i lavori di sbancamento per una delle due aree in cui dovranno sorgere una novantina di casette.
Sui tempi di conclusione delle opere le voci si rincorrono: i più ottimisti parlano di Natale, altri della prossima primavera. «Ci sono stati grossi ritardi» continua Stefania Maurizio «e ora siamo di fronte all’emergenza». Per di più, da quello che abbiamo capito in base al progetto, la nuove case di legno somigliano a vagoni del treno, lunghe e allineate, senza spazi tra l’una e l’altra. Temiamo di dover passare anni e anni in una baraccopoli, che poi resterà lì, a deturpare il territorio. Fortunati i paesi che hanno avuto donazioni, dove le cose stanno ben diversamente». E che fine farà Castelnuovo, quasi completamente distrutto? Dove e come sarà ricostruito? I suoi abitanti se lo chiedono ogni giorno. E intanto attendono di avere un tetto sulla testa.