Celano, il mistero della lamina in oro
Convegno al castello sulla nuova scoperta archeologica in località Paduli, riflettori accesi sull’iscrizione magica
CELANO. Si infittisce il mistero sulla lamina in oro, arrotolata, scoperta, insieme ad altri monili, durante gli scavi in località Pratovecchio a Celano. Si tratta di un reperto di appena tre centimetri, proveniente dalla tomba di una giovane donna. L'iscrizione potrebbe essere in lingua greca. La certezza si potrà avere dopo che la lamina verrà srotolata e si potrà disporre del testo. Operazione delicata, che solo un restauratore specializzato può eseguire. La Soprintendenza, comunque, non sembra avere dubbi. I pochi caratteri in evidenza fanno propendere per un testo in greco. Se così fosse, ci si troverebbe di fronte a una scoperta di straordinaria importanza storico-culturale. Sarebbe la prima volta in Abruzzo – dove gli scavi hanno portato alla luce centinaia di necropoli – che di un corredo funerario faccia parte un reperto con una iscrizione in greco. Ciò sarebbe un'ulteriore testimonianza dell'infuenza della civiltà greca, attraverso l'Italia meridionale, colonizzata dai Greci, sulI'Italia centrale. La lamina, secondo la Soprintendenza, sarebbe una sorta di amuleto. L'iscrizione conterrebbe una formula magica con cui si augura al defunto, in questo caso una giovane, di raggiungere, senza ostacoli, il mondo degli Inferi. I Marsi, del resto, godevano fama di essere esperti nelle arti magiche, con cui curavano le malattie e i morsi dei serpenti. Angizia, la divinità che adoravano, veniva considerata una maga, più che una dea. La necropoli romana, testé scoperta, inoltre, è di straordinaria importanza, non solo perché, con le sue 230 tombe, è la più estesa di quelle finora venute alla luce nella Marsica. Ma anche, e soprattutto, in quanto segna una svolta nei rapporti tra Comuni e Soprintendenza. Sull'area interessata agli scavi, per altro non sottoposta a vincoli archeologici, il Comune si apprestava, nell'estate 2011, a realizzare un impianto fotovoltaico da 20 megawatt, il cui incasso, con il drastico taglio dei fondi statali, gli avrebbe risolto non pochi problemi finanziari. Durante gli scavi preventivi, che la normativa impone, anche per le aree non sottoposte a vincolo, sono affiorati resti di un villaggio neolitico e di una necropoli. A quel punto, il Comune, non solo ha tenuto fermi per due anni i lavori per la realizzazione dell'impianto, ma ha offerto alla Soprintendenza la massima collaborazione nel portare avanti gli scavi. Il senatore Filippo Piccone, sindaco della città, nell'incontro di ieri al castello – al quale hanno partecipato il professor Roberto Cipollone e, per la Soprintendenza, la dottoressa Emanuela Ceccaroni – ha assicurato che una parte dei proventi dell'impianto fotovoltaico sarà destinato alla valorizzazione dei tesori venuti alla luce. «Il nostro obiettivo», ha spiegato Piccone, «è quello di coniugare lo sviluppo con la tutela del patrimonio archeologico».
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