Contributo diretto nuovi no alla scelta del governo
Gli amministratori di condominio contro la decisione di non rifinanziare il plafond della Cassa depositi e prestiti
L'AQUILA. Anche gli amministratori di condominio si schierano contro la decisione del governo, ribadita nel corso di un recente incontro al quale ha partecipato il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, di non rifinanziare il plafond di due miliardi e mezzo della Cassa depositi e prestiti per avviare la ricostruzione pesante. Una procedura che finora ha funzionato ma sulla quale il governo, sulla scorta di rilievi a livello di Unione europea, ha fatto retromarcia. La questione continua ad animare il dibattito in città tra gli attori della ricostruzione.
«Siamo in grosse difficoltà», spiega il presidente dell'Anaci (Associazione nazionale amministratori condominiali) Mauro Basile. «Il Comune continua a non dire cosa dobbiamo fare, dove trovare i soldi per pagare le ditte impegnate nel campo dell’edilizia. Noi siamo costretti a cominciare i lavori entro 30 giorni dall'assegnazione del contributo da parte dell'amministrazione. Altrimenti siamo passibili di sanzioni, sia noi amministratori sia gli stessi committenti dei lavori».
E qui nascono i problemi. «Ma se non ci sono i soldi a disposizione, cosa diciamo agli imprenditori?», si chiede ancora l’amministratore di condominio. «Cosa scriviamo quando dobbiamo stipulare i contratti? Questo silenzio totale da parte del sindaco Massimo Cialente è gravissimo e, a questo punto, possiamo dire che siamo davvero allo sbaraglio. Vogliamo sapere cosa significa contributo diretto. Il governo ci dia un chiarimento».
La confusione, secondo quanto riferisce l’amministratore di condominio, regna anche negli uffici del Comune, «dove», aggiunge Basile, «nel settore Sisma e ricostruzione non sanno cosa dirci. Non ci sono ordinanze che si occupino di questo specifico aspetto e dunque non si sa ancora nulla».
Il rischio è, in definitiva, quello di «avere ancora mesi di stallo nella ricostruzione e cantieri che non partono, perché soltanto se un’azienda è solida economicamente se la sente di cominciare i lavori senza la certezza sui tempi del contributo».
Marianna Gianforte
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