Convitto, il rettore attacca

«Niente sgombero perché fummo rassicurati»

L’AQUILA. Le rassicurazioni della Commissione grandi rischi e la mancanza di una specifica ordinanza: queste le ragioni che hanno indotto il rettore del Convitto nazionale a non sgomberare l’edificio poi crollato per il sisma con tre giovani morti. E’ quanto trapelato dall’interrogatorio del rettore Livio Bearzi, accusato di omicidio colposo plurimo, ascoltato per due ore dal pm Fabio Picuti.

L’INTERROGATORIO. Livio Bearzi, 52 anni, di Udine, anche lui salvo per miracolo visto che la notte del 6 aprile stava dormendo nel Convitto, dopo l’interrogatorio ha preferito non parlare con i giornalisti lasciando al legale Paolo Guidobaldi il compito di fare alcune dichiarazioni.
«Tutti gli organismi istituzionali non hanno fatto altro che rassicurare sulla non pericolosità del sisma, ricordiamo che per giorni gli organi di stampa hanno scritto “non facciamo allarmismi”, riportando fonti istituzionali che avevano la responsabilità». Così l’avvocato ha chiarito il perché il suo assistito non ha evacuato, nella notte tra il 5 e il 6 aprile, la struttura scolastica.

Il riferimento è ai messaggi rassicuranti formulati dagli esperti dopo la riunione della Commissione grandi rischi del 31 marzo all’Aquila, sul cui operato è attivato un filone di indagine nell’ambito della maxi inchiesta sul terremoto. Guidobaldi, sempre in tema di mancata evacuazione ha ricordato che «ci si comporta e si agisce in questi casi secondo le ordinanze comunali perché il Convitto nazionale non è una residenza universitaria ma è assimilabile a una scuola superiore». L’avvocato di Bearzi, ha anche risposto al perché il suo assistito non ha portato fuori in salvo i ragazzi alla luce del fatto che la struttura aveva cento anni. «Alcune valutazioni», ha detto, «devono essere fatte al momento, mi permetto di osservare che con il senno di poi molte situazioni potevano essere risolte. Ci sono state delle scosse ma dei minorenni non potevano essere lasciati uscire in mezzo alla strada. Normativamente questa ipotesi non è prevista e forse sarebbe il caso di integrare la legge prevedendo tali fattispecie».

ATTI A DISCARICO. Al pm Fabio Picuti l’avvocato e il rettore hanno consegnato della documentazione tra cui il «richiamo alla normativa» soprattutto al decreto legge sul testo unico sulla scuola e alla presenza del consiglio di amministrazione. «Abbiamo indicato quello che è alla base delle disposizioni fondamentali che regolano la vita di questa istituzione» ha aggiunto il difensore, «anche perché tutta la parte restante della documentazione è andata sepolta sotto le macerie e quindi non esiste più». Guidobaldi ha anticipato che nei prossimi giorni sarà depositata una memoria con la quale verrà integrata la posizione di Bearzi e saranno citati riferimenti ad altre norme che escluderebbero la sua responsabilità sotto il profilo omissivo.
RESTAURI. Nel corso del colloquio con il magistrato si è anche parlato dei mancati lavori di restauro della struttura realizzata oltre un secolo fa. L’avvocato Guidobaldi, nel formulare pubblicamente le ragioni della difesa, ha indicato anche nella ristrettezza delle risorse economiche, una delle cause principali del mancato adeguamento dell’edificio.

BEARZI. Livio Bearzi, uno dei due indagati nel filone del crollo del Convitto Nazionale della maxi inchiesta sul terremoto, (l’altro è il dirigente provinciale Vincenzo Mazzotta interrogato giovedì), è uscito provato dall’interrogatorio e non ha pronunciato parola. Il legale Guidobaldi, ha sottolineato che il suo assistito «è stremato». «Voglio ricordare che quella notte Bearzi era presente nel Convitto con la moglie e due figli», ha continuato l’avvocato, «è rimasto bloccato e per uscire ha dovuto sfondare una parete». Il legale ha ammesso che la vicenda umana non ha incidenza giudiziaria ricordando che il solo precedente è legato al caso di San Giuliano di Puglia.

SOLIDARIETA’. Sotto le macerie del Convitto sono morti tre ragazzi: Luigi Cellini, Marta Zelena e Ondrey Nuozovsky mentre Mirko Colangeli è rimasto ferito in modo grave ma si è ripreso. «Il nostro pensiero va al nostro conterraneo, ma anche ai due giovani che sono venuti dall’estero per morire all’Aquila», ha continuato il legale parlando anche a nome di Bearzi, «è una vicenda che fa male soprattutto perchè il Convitto nazionale, un ente pubblico, è una istituzione per ragazzi, formativa e partecipe alle disposizioni e ai vincoli generali di ausilio alle scuole medie superiori aquilane». Il legale ha ricordato che il Convitto era stato rilanciato ed esistevano dei progetti molto interessanti, anche di respiro internazionale, che dovevano essere attuati.

CASA DELLO STUDENTE. Iniziano oggi alle 9,30 gli interrogatori degli indagati di disastro colposo per il crollo della Casa dello studente. Sfileranno dal pm, assistiti dai loro avvocati, Giorgio Gaudiano, Walter Navarra, Bernardino Pace, Carlo Giovani, Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone, Massimiliano Andreassi e Pietro Sebastiani. Non ci sarà Claudio Botta. Infatti l’anziano ingegnere è impossibilitato a presenziare per motivi di salute, ma sarà rappresentato dal suo avvocato Massimo Carosi. Il 5 novembre, infine, saranno ascoltati gli altri due indagati, Luca Valente e Luca D’Innocenzo. Il 6 e il 7 novembre, infine, toccherà ai nove indagati per il crollo della facoltà di ingegneria. I prossimi avvisi di garanzia, infine, riguarderanno i crolli dell’ospedale San Salvatore.

VIA CAMPO DI FOSSA. Sono proseguiti ieri i sopralluoghi di consulenti del pm, squadra mobile e vigili del fuoco tra le macerie dello stabile di via Campo di Fossa, traversa di via XX settembre, dove sono morte oltre venti persone. La procura sta direzionando le attenzioni sui condomìni crollati dove ci sono stati più morti. Secondo quanto si è appreso ieri le operazioni, visti i problemi di stabilità degli edifici, andranno avanti con tempi lunghi simili a quelli della Casa dello studente. La fase di esame dei periti della procura deve essere inevitabilmente preceduta dalla complicata procedura della messa in sicurezza.