D’Ercole: io tra gli alpini per parlare di pace

Il resoconto del vescovo ausiliare che potrebbe diventare capo di tutti i cappellani militari italiani

L’AQUILA. Il vescovo ausiliare Giovanni D’Ercole torna in città dopo il viaggio in Afhganistan. Una presenza non casuale, la sua. Infatti secondo alcune indiscrezioni, potrebbe diventare il capo dei cappellani militari italiani assumendo il ruolo di ordinario militare per l’Italia. Intanto D’Ercole ha affidato al sito web dell’arcidiocesi un resoconto della trasferta.

«Cari fratelli aquilani, un saluto rapido profittando della cortesia del cappellano militare della base di Herat, don Fausto Corniani. Il 24 dicembre, dopo la partenza del senatore Schifani da Farah, sono andato a celebrare la messa alle 4 a Camp Saihan, dove operano i nostri alpini in tutoraggio con le guardie afghane. Commovente è stata la messa della Notte che ho celebrato alle 22,30 a Farah, insieme al cappellano don Fausto Amantea con i nostri alpini e gli altri militari presenti, in totale circa un migliaio, comandati dal colonnello Cristoni. È stata una cerimonia a dir poco commovente, che ci ha fatto sentire tutti una famiglia, nonostante fossimo lontani dalle nostre famiglie. Come segno della mia visita, oltre gli auguri e il messaggio di monsignor Molinari, ho lasciato la mia croce pettorale, perché la croce di Cristo protegga e accompagni questi nostri connazionali, in missione di pace in una terra purtroppo, dove il rischio di morte è sempre troppo presente. Il 25, in elicottero, sono andato a Bala Boluk, a circa mezz’ora di volo, dove verso le 10,30 è giunto il sottosegretario alla Difesa e ho celebrato l’Eucarestia sempre insieme al cappellano per questi nostri alpini, che si trovano nella posizione più avanzata e quindi più a rischio della missione italiana in Afghanistan. Questa è una base veramente rudimentale, dove mancano anche le prime comodità e dove il pericolo si avverte. Proprio vicino a questa base il giorno di Natale è stato sventato un attentato, per fortuna previsto in tempo. Si trattava di un rudimentale mina atta a far saltare chi sarebbe passato di lì, ma la gioia dei militari e il loro affetto mi hanno toccato profondamente. Li ho visti entusiasti e convinti di giocare la propria vita per servire la causa della pace. Gesto di grande distensione è stata la sorpresa di vedere, alla fine della messa, la presenza di due religiosi musulmani, ai quali ho offerto il messaggio della Pace di Benedetto XVI per la prossima giornata della Pace in arabo».

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