Il Nobel Rubbia «battezza» i 36 cervelloni/ Foto

Il senatore a vita inaugura l’anno accademico del Gran Sasso science institute: «Lo scienziato non deve isolarsi»

L’AQUILA. Ora lo sanno anche i 36 cervelloni del Gran Sasso science institute. Lo sanno pure loro, sì, che «L’Aquila è una grande questione nazionale». Chissà che penseranno, ben sbarbati oppure pettinate di fresco, col vestito buono, tutti stipati nella saletta ex Isef, a sentirselo dire dal messaggio del presidente del Consiglio Enrico Letta, mentre, a mettere il naso fuori dalla finestra di questo «tempio del sapere», dove stanno studiando da scienziati, appare tutt’altra cosa.

PROBLEM SOLVING. L’esortazione a «non isolarsi», ma a «proporre soluzioni per i nuovi problemi emergenti, quali la necessità di nuove fonti energetiche, l’inquinamento del pianeta, l’assottigliamento dello strato di ozono, l’esplosione demografica, lo sfruttamento di terreni non produttivi, l’erosione della biodiversità» arriva ai cervelloni dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, neosenatore a vita alla sua prima uscita pubblica dopo il laticlavio conferitogli dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ad accoglierlo nella scuola di cui è docente, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, l’ex ministro Fabrizio Barca, il presidente dell’Infn Fernando Ferroni, il direttore del Gssi Eugenio Coccia, la rettrice Paola Inverardi, il sindaco Massimo Cialente. Nella scuola di dottorato internazionale attivata dall’Istituto nazionale di fisica nucleare e finanziata da governo e Regione la lingua ufficiale è l’inglese. Ma quando il fisico, dopo un saluto iniziale che rispetta l’internazionalità del consesso, annuncia che parlerà in italiano di «Scienza nel XXI secolo», almeno metà platea, se si potesse, farebbe la «ola».

LA LEZIONE. «La scienza», afferma il Nobel, «continuerà ad avere il suo ruolo essenziale per un futuro migliore dell’umanità, ma gli scienziati devono essere preparati a interagire in modo più costruttivo con la società non solo come scienziati, ma anche come cittadini pienamente coinvolti nelle sue problematiche». Poi prosegue: «È essenziale che il governo lanci un vasto programma di rivitalizzazione delle tecnologie avanzate e della necessaria ricerca a livello pre-competitivo. In assenza di una strategia di ricerca e sviluppo chiara e articolata e con precise priorità che consentano la valorizzazione e l’impiego del potenziale umano e industriale dei giovani sarà oltremodo improbabile che il governo riesca a mantenere una politica a lungo termine di espansione dell’impiego». Rubbia indica tre priorità: «Nuove strutture e nuove regole; ringiovanimento delle risorse umane attraverso un vasto piano di assunzioni di giovani e di rinnovamento dei quadri; addizionali investimenti». Poi l’esortazione a «premiare i migliori» anche nel meccanismo di scelta dei finanziamenti in modo da assicurare la competitività. Le dure leggi del mercato farebbero il più gran bene alla ricerca italiana». Quindi la considerazione secondo la quale «i finanziamenti privati in Italia sono troppo modesti rispetto a quelli di altri Paesi», prima di affermare che «il rilancio della ricerca è necessario perché l’Europa a due velocità non esiste solo nelle questioni monetarie ma è un pericolo reale anche nell’innovazione». E ancora: «L’Italia è un’anomalia nel G7. Se siamo quinti o sesti almeno nell’economia di oggi, la nostra competitività è decaduta tra il 35° e il 40° posto». A margine, poche battute sulla politica. Sul Berlusconi decadente: «Situazione talmente complessa che vedremo cosa succede, non è chiaro quando e come si vota, ci sono tanti punti da chiarire. Quando si capirà un po’ meglio ognuno farà il suo lavoro, io non ho posizioni particolarmente ferrate in un campo non mio, devo agire con modestia».

CAPITALI. Letta parla dell’Aquila «città della conoscenza». Il sindaco Cialente fa cenno alla candidatura a capitale della Cultura 2019. Eppure Rubbia (e con lui altri «amici» della città come Piera Degli Esposti, il cardinale Dziwisz di casa alla Jenca, i musicisti Morricone e Abbado, l’Oscar del cinema Storaro e pure Dacia Maraini) tifano Urbino. Ma questa è un’altra storia.

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