Il vescovo D’Ercole divide il clero
La nomina ha sorpreso gli ambienti ecclesiastici nella Curia dei veleni.
L’AQUILA. Da un terremoto all’altro, i veleni della Curia aquilana sembrano aver passato indenni anche il 6 aprile. Pure la nomina del vescovo ausiliare, monsignor Giovanni D’Ercole, divide il clero tra contenti e scontenti e finisce anche sui giornali nazionali.
COSA SUCCEDE. Quella dell’Aquila, già prima dell’avvento di Molinari, che tra 4 anni raggiunge l’età pensionabile, era una diocesi difficile. Divisa, dilaniata fin dai tempi del suo predecessore. Una diocesi con pochissimi preti aquilani, per lo più anziani, e tanti altri piombati da altre diocesi, quasi tutti animati da una gran voglia di emergere e di affermarsi nei posti che contano, con una folta comunità straniera. Una diocesi piccola, ma parecchio rumorosa. Dove la «correzione fraterna» lascia troppo spesso il passo alla delazione, al mormorìo, alle gelosie, ai piccoli sotterfugi, alle correnti. Alle lettere anonime. Che finiscono per alimentare un dibattito non solo interno, ma destinato a finire sui giornali. L’ha detto persino Molinari, in una recente ordinazione, quando, a «mettere le mani in testa» a don Gennaro Pino Del Vecchio, c’erano pochi preti. «Basta pettegolezzi contro il vescovo e persino contro il Papa». Richiamo forte alla «santità dei sacerdoti».
E biasimo «per chi, prete, dopo il sisma, ha abbandonato la diocesi» e per quei «giovani sacerdoti che non sono umili e vogliono sempre cambiare e decidere loro in quali posti andare» e per i preti che «non ubbidiscono al loro pastore». Sarà per questo, allora, che oggi, per tenere a freno i preti aquilani, di vescovi ce ne sono ben due. Uno è Giuseppe Molinari, il vecchio prof di religione e parroco di via Strinella che entrò da coadiutore di Mario Peressin e ne divenne successore, come metropolita della cattedra di San Massimo. L’altro è Giovanni D’Ercole, originario di Rendinara di Morino, volto rassicurante della «Via di Damasco» di Raidue, nuovo ausiliare. Una figura di cui i più conoscono maggiormente l’aspetto televisivo che quello dell’attività pastorale e degli incarichi di Curia. È un religioso di don Orione e proviene dalla Segreteria di Stato, cioè dal palazzo del potere, ecclesiastico, per eccellenza.
Adesso proprio la Segreteria di Stato, dicono i maligni passando sopra anche alla Cei, la conferenza episcopale, che non avrebbe informato nessuno di questa nomina, nemmeno gli altri presuli abruzzesi, lo farà vescovo e l’ha mandato all’Aquila. Molinari insiste nel dire che l’ha chiesto lui. Ma una parte consistente del clero aquilano dice che se non è un «commissario» poco ci manca. «Finalmente!», confida un canonico del capitolo metropolitano, che chiede di restare anonimo. «Dopo decenni di situazione stagnante è un fatto positivo che la Santa Sede si sia accorta della situazione dell’Aquila. Del disagio dei preti, della Curia che non funziona, dei tanti problemi che ci sono e che nessuno risolve. Il vescovo eletto è stato accolto bene.
Apprezzabile il suo discorso semplice, a braccio. Da lui ci si attende molto. Speriamo che abbia voglia e forza di cambiare». Se un canonico, cioè un premiato con un titolo onorifico che, per qualcuno, vuol dire solo farsi chiamare monsignore, chiede di cambiare, è tutto dire. Un altro prete, che fu tra gli oppositori più tenaci del defunto Peressin, riflette così: «Ma quale commissario. Accogliamo don Giovanni e pensiamo a fare solo il bene del Popolo di Dio».
I MALUMORI. Di questi malumori, dello sbarco di monsignor D’Ercole e di una presunta «benedizione» politica da parte del governo Berlusconi che avrebbe mandato un «suo uomo» a tacitare il malcontento dei preti di base, lasciati soli e rammaricati perché non hanno più casa né chiesa, ieri si è occupato il quotidiano L’Unità che ha dedicato cinque pagine, la copertina e l’editoriale di Vittorio Emiliani al caso-D’Ercole «Commissario delle anime». Per la prima volta, forse, ieri tanti preti hanno tenuto in mano il giornale fondato da Antonio Gramsci. L’attenzione maggiore, per buona parte del clero, è ora su come si riorganizzerà la Curia con l’avvento di D’Ercole. Se il gruppo dei giovanissimi che sta attorno al vescovo (il canonico Pinton, preside dell’istituto di Scienze religiose dopo un vittorioso braccio di ferro su padre Alberto Valentini; il segretario particolare di Molinari, Alessandro Benzi; il diacono Alberto Fossati, tutti milanesi; oltre al pugliese don Gino Epicoco, che ha in mano la ricostruzione dei beni di culto) resterà in sella. E dove andranno, e che faranno, i religiosi di don Orione che si porterà D’Ercole. Neppure un terremoto ha sepolto i veleni della Curia.
COSA SUCCEDE. Quella dell’Aquila, già prima dell’avvento di Molinari, che tra 4 anni raggiunge l’età pensionabile, era una diocesi difficile. Divisa, dilaniata fin dai tempi del suo predecessore. Una diocesi con pochissimi preti aquilani, per lo più anziani, e tanti altri piombati da altre diocesi, quasi tutti animati da una gran voglia di emergere e di affermarsi nei posti che contano, con una folta comunità straniera. Una diocesi piccola, ma parecchio rumorosa. Dove la «correzione fraterna» lascia troppo spesso il passo alla delazione, al mormorìo, alle gelosie, ai piccoli sotterfugi, alle correnti. Alle lettere anonime. Che finiscono per alimentare un dibattito non solo interno, ma destinato a finire sui giornali. L’ha detto persino Molinari, in una recente ordinazione, quando, a «mettere le mani in testa» a don Gennaro Pino Del Vecchio, c’erano pochi preti. «Basta pettegolezzi contro il vescovo e persino contro il Papa». Richiamo forte alla «santità dei sacerdoti».
E biasimo «per chi, prete, dopo il sisma, ha abbandonato la diocesi» e per quei «giovani sacerdoti che non sono umili e vogliono sempre cambiare e decidere loro in quali posti andare» e per i preti che «non ubbidiscono al loro pastore». Sarà per questo, allora, che oggi, per tenere a freno i preti aquilani, di vescovi ce ne sono ben due. Uno è Giuseppe Molinari, il vecchio prof di religione e parroco di via Strinella che entrò da coadiutore di Mario Peressin e ne divenne successore, come metropolita della cattedra di San Massimo. L’altro è Giovanni D’Ercole, originario di Rendinara di Morino, volto rassicurante della «Via di Damasco» di Raidue, nuovo ausiliare. Una figura di cui i più conoscono maggiormente l’aspetto televisivo che quello dell’attività pastorale e degli incarichi di Curia. È un religioso di don Orione e proviene dalla Segreteria di Stato, cioè dal palazzo del potere, ecclesiastico, per eccellenza.
Adesso proprio la Segreteria di Stato, dicono i maligni passando sopra anche alla Cei, la conferenza episcopale, che non avrebbe informato nessuno di questa nomina, nemmeno gli altri presuli abruzzesi, lo farà vescovo e l’ha mandato all’Aquila. Molinari insiste nel dire che l’ha chiesto lui. Ma una parte consistente del clero aquilano dice che se non è un «commissario» poco ci manca. «Finalmente!», confida un canonico del capitolo metropolitano, che chiede di restare anonimo. «Dopo decenni di situazione stagnante è un fatto positivo che la Santa Sede si sia accorta della situazione dell’Aquila. Del disagio dei preti, della Curia che non funziona, dei tanti problemi che ci sono e che nessuno risolve. Il vescovo eletto è stato accolto bene.
Apprezzabile il suo discorso semplice, a braccio. Da lui ci si attende molto. Speriamo che abbia voglia e forza di cambiare». Se un canonico, cioè un premiato con un titolo onorifico che, per qualcuno, vuol dire solo farsi chiamare monsignore, chiede di cambiare, è tutto dire. Un altro prete, che fu tra gli oppositori più tenaci del defunto Peressin, riflette così: «Ma quale commissario. Accogliamo don Giovanni e pensiamo a fare solo il bene del Popolo di Dio».
I MALUMORI. Di questi malumori, dello sbarco di monsignor D’Ercole e di una presunta «benedizione» politica da parte del governo Berlusconi che avrebbe mandato un «suo uomo» a tacitare il malcontento dei preti di base, lasciati soli e rammaricati perché non hanno più casa né chiesa, ieri si è occupato il quotidiano L’Unità che ha dedicato cinque pagine, la copertina e l’editoriale di Vittorio Emiliani al caso-D’Ercole «Commissario delle anime». Per la prima volta, forse, ieri tanti preti hanno tenuto in mano il giornale fondato da Antonio Gramsci. L’attenzione maggiore, per buona parte del clero, è ora su come si riorganizzerà la Curia con l’avvento di D’Ercole. Se il gruppo dei giovanissimi che sta attorno al vescovo (il canonico Pinton, preside dell’istituto di Scienze religiose dopo un vittorioso braccio di ferro su padre Alberto Valentini; il segretario particolare di Molinari, Alessandro Benzi; il diacono Alberto Fossati, tutti milanesi; oltre al pugliese don Gino Epicoco, che ha in mano la ricostruzione dei beni di culto) resterà in sella. E dove andranno, e che faranno, i religiosi di don Orione che si porterà D’Ercole. Neppure un terremoto ha sepolto i veleni della Curia.