L'Aquila, denunce e tradimenti: il vescovo indaga su don Vito
Il cerimoniere rischia la sospensione dopo la sentenza che certifica la relazione con una donna sposata
L’AQUILA. Un dossier sul prete che ha rovinato un matrimonio. «Sto valutando la situazione con attenzione e prudenza e dopo comunicherò quello che si riterrà opportuno dire sulla questione». Questo il pensiero dell’arcivescovo metropolita Giuseppe Petrocchi, che attraverso il suo portavoce don Claudio Tracanna fa sapere che lo spinoso caso di don Vito è sul suo tavolo. Nel dossier è vagliata la posizione del sacerdote bergamasco fin dal suo arrivo da Roma, portato dall’ex ausiliare Giovanni D’Ercole, ora vescovo di Ascoli. Don Vito Isacchi, il parroco nel ciclone, non ha poi seguito D’Ercole nel suo nuovo incarico. E la motivazione non si conosce. Sta di fatto che i fedeli, che nulla sapevano di questa storia, sono rimasti interdetti.
IL PRECEDENTE. Qualcosa di simile è avvenuto in provincia di Messina un paio di anni fa quando c’è stata una love story tra un prete veneziano e una parrocchiana. Il sacerdote fu convocato dall’arcivescovo messinese che decise di trasferire altrove il religioso per motivi di opportunità. E, per analogia, la stessa sorte potrebbe capitare al sacerdote della diocesi aquilana.
IL MARITO TRADITO. Del resto sono gli stessi legali del marito, la cui moglie ha avuto la relazione extraconiugale, a chiedere provvedimenti a carico del presbitero. Infatti gli avvocati Daniele Di Nunzio e Giuseppe Di Nardo hanno manifestato l’intenzione di inviare una lettera alla Curia aquilana dopo averla mandata anche a quella romana e alla Conferenza episcopale italiana senza avere alcuna risposta. Essi manifestano il loro disappunto per il fatto che il prete, a loro dire, pur nel rispetto della legge, ha chiesto al marito tradito il pagamento delle spese legali, comportamento che stride con il ruolo di pastore di anime. Inoltre si tratta di un uomo che nella diocesi aquilana riveste un ruolo importante, ma ora ha causato un forte imbarazzo negli ambienti curiali. Va ricordato che nella causa civile intentata dal marito tradito, don Vito è uscito indenne mentre la donna, che aveva l’obbligo di fedeltà in quanto sposata, è stata condannata a pagare 15mila euro di danni. Il giudice, comunque, ha fatto anche una precisazione sostenendo che non solo è stato violato l’obbligo di fedeltà, ma «la condotta è anche idonea a ledere l’onore e il decoro del marito consapevole che nell’ambiente sociale si parlava del tradimento della moglie». La causa, visto che nessuno ha fatto ricorso, è passata in giudicato.
INVESTIGATORI. Non era facile provare in un giudizio in tribunale l’effettiva e non saltuaria relazione tra don Vito e la sua ex parrocchiana. Per fare questo il marito si è avvalso anche del lavoro di investigatori privati che hanno “tanato” la coppia scattando delle fotografie che hanno fatto sì che i sospetti si tramutassero in certezze. Poi, sempre nell’ambito del procedimento civile che ha portato alla separazione, ci sono state molte testimonianze che hanno confermato come questo rapporto fosse noto e oggetto di commenti, anche sarcastici, non solo all’interno del gruppo parrocchiale di San Giustino a Roma, ma pure nel quartiere dove la famiglia viveva.
LA JENCA. Don Vito, tra i suoi incarichi, ha anche quello di rettore del santuario dedicato a Giovanni Paolo II, a San Pietro della Jenca. Al riguardo il presidente dell’associazione San Pietro della Jenca, Pasquale Corriere, non ha voluto rilasciare dichiarazioni sulla love story, ma ha mostrato disappunto per la sua scarsa presenza in quel luogo di culto.
BOCCA CUCITA. Vani i tentativi di sentire la versione dei fatti dallo stesso don Vito. Il sacerdote non ha risposto alle telefonate inoltrate al suo cellulare. E, visto come stanno le cose, forse ha ragione: mai come adesso per lui il “silenzio è d’oro”.
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