L'Aquila: morsa da un randagio, paga il Comune
Il giudice di pace: l’ente è responsabile dal punto di vista civilistico. Donna aggredita in centro sarà risarcita con mille euro
L’AQUILA. Il Comune è responsabile sotto il profilo civile se un cittadino viene morso da un cane randagio.
Lo statuisce una sentenza – che si può definire pilota – emessa dal giudice di pace del tribunale dell’Aquila. Una decisione che, per certi aspetti, inguaia il Comune, visto che i casi di aggressioni a persone da parte dei cani randagi sono sempre state frequenti in città.
In una sentenza, di recente depositata, dunque, il giudice ha condannato l’ente locale a risarcire una donna che aveva chiamato in giudizio per sentirlo condannare al risarcimento, lamentando danni materiali e morali risarcibili con quattromila euro.
La vicenda riguarda una donna che fu azzannata alle mani mentre portava alcune buste con la spesa e si trovava nei pressi della propria abitazione in via San Francesco di Paola, in pieno centro storico, dove, peraltro le aggressioni dei cani randagi sono poche in riferimento a quanto avviene nelle periferie. La prognosi, in quella circostanza, era stata di circa dieci giorni con terapie comunque molto fastidiose. Le certificazioni redatte dall’Asl sono state ritualmente esibite al Comune senza avere riscontro ai fini di una soluzione bonaria, che dunque non c’è stata.
Una volta davanti al giudice Gabriella Rosci, il Comune ha respinto ogni contestazione. La normativa regionale», scrive il giudice nella motivazione della sentenza, «non esonera certamente l’ente locale da obblighi in tema di randagismo, ma impone alla polizia urbana di segnalare la presenza di cani randagi all’Azienda sanitaria locale ai fini di una collaborazione tra enti per contrastare il fenomeno. Pertanto, il Comune non può omettere ogni controllo partendo dal presupposto che tenuta alla cattura sia la stessa Asl, ciò soprattutto in un territorio, come quello aquilano, nel quale la diffusione del randagismo, in determinati periodi, arriva a sensibili livelli di allarme sociale e sanitario».
Il giudice Rosci, dunque, ha escluso comportamenti negligenti da parte della donna aggredita e ha condannato il Comune «per non aver posto in essere iniziative per contrastare e prevenire la situazione di pericolo che poi si è verificata».
La somma risarcitoria accordata è stata, però solo di mille euro, oltre alle spese di giudizio che si aggirano sui duemila euro. Il ricorso è stato presentato dall’avvocato Maurizio Dionisio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo statuisce una sentenza – che si può definire pilota – emessa dal giudice di pace del tribunale dell’Aquila. Una decisione che, per certi aspetti, inguaia il Comune, visto che i casi di aggressioni a persone da parte dei cani randagi sono sempre state frequenti in città.
In una sentenza, di recente depositata, dunque, il giudice ha condannato l’ente locale a risarcire una donna che aveva chiamato in giudizio per sentirlo condannare al risarcimento, lamentando danni materiali e morali risarcibili con quattromila euro.
La vicenda riguarda una donna che fu azzannata alle mani mentre portava alcune buste con la spesa e si trovava nei pressi della propria abitazione in via San Francesco di Paola, in pieno centro storico, dove, peraltro le aggressioni dei cani randagi sono poche in riferimento a quanto avviene nelle periferie. La prognosi, in quella circostanza, era stata di circa dieci giorni con terapie comunque molto fastidiose. Le certificazioni redatte dall’Asl sono state ritualmente esibite al Comune senza avere riscontro ai fini di una soluzione bonaria, che dunque non c’è stata.
Una volta davanti al giudice Gabriella Rosci, il Comune ha respinto ogni contestazione. La normativa regionale», scrive il giudice nella motivazione della sentenza, «non esonera certamente l’ente locale da obblighi in tema di randagismo, ma impone alla polizia urbana di segnalare la presenza di cani randagi all’Azienda sanitaria locale ai fini di una collaborazione tra enti per contrastare il fenomeno. Pertanto, il Comune non può omettere ogni controllo partendo dal presupposto che tenuta alla cattura sia la stessa Asl, ciò soprattutto in un territorio, come quello aquilano, nel quale la diffusione del randagismo, in determinati periodi, arriva a sensibili livelli di allarme sociale e sanitario».
Il giudice Rosci, dunque, ha escluso comportamenti negligenti da parte della donna aggredita e ha condannato il Comune «per non aver posto in essere iniziative per contrastare e prevenire la situazione di pericolo che poi si è verificata».
La somma risarcitoria accordata è stata, però solo di mille euro, oltre alle spese di giudizio che si aggirano sui duemila euro. Il ricorso è stato presentato dall’avvocato Maurizio Dionisio.
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