Lusi finisce in carcere «Non ho detto tutto»
Il parlamentare abruzzese a Rebibbia dopo il sì all’arresto dal Senato. Sabato l’interrogatorio. «Ci sono ancora approfondimenti da fare con i pm»
ROMA. La lunga giornata del senatore di origini abruzzesi del Pd Luigi Lusi termina attorno alle 20 quando il parlamentare esce da una porta secondaria di Palazzo Madama e sale su un grosso Suv nero che lo accompagna prima a casa e poi in carcere, a Rebibbia. Il senatore appare provato, l’aula ha appena votato l’autorizzazione al suo arresto così come ha richiesto la Procura di Romna che lo indaga per appropriazione indebita di 23 milioni di euro dei fondi ex Margherita. Il voto è stato palese, i sì sono stati 155, i no 13, un astenuto. Il Pdl non ha partecipato al voto.
«Una giornata da incubo», ammette lui stesso. Ma è questo l’unico momento di cedimento dell’ex tesoriere della Margherita che per tutto il giorno ha mostrato una corazza di ferro: «Sono sanamente preoccupato. Voi come stareste?», aveva chiesto ai giornalisti entrando a Palazzo Madama. Colazione nel solito bar a due passi dal Senato nei pressi del suo studio da parlamentare, poi al lavoro nello studio di piazza Sant’Eustachio. Lì ha «preparato il suo intervento in aula». Ma ha anche ricevuto tante telefonate di solidarietà: «Molte più di quanto possiate immaginare», racconta», anche se i nomi di chi mi ha chiamato non li faccio; sarebbe come metterli alla gogna».
In aula prende la parola e si difende con forza. Attacca il pm, spiega la sua verità. Ha solo un momento di incertezza quando chiede «di poter almeno avere un bicchiere d’acqua». Fila dritto per tutto il suo intervento, replica anche al presidente Renato Schifani che lo invita ad accorciare i tempi: «Altre tre pagine ed ho finito», dice. È finita. Il senatore del Pd guarda i suoi colleghi e prova a leggere l’impressione scaturita dalle sue parole. Nessuno gli stringe la mano. Fa effetto vedere nella stessa fila, a cinque posti di distanza, il segretario dell’Api ed ex amico Francesco Rutelli.
I senatori escono, affidano alle agenzie i loro commenti. Lusi resta seduto in attesa del giudizio: annuncia che lui non voterà. È il momento del giudizio. Il senato dice sì alla richiesta di custodia cautelare in carcere. Lusi non batte ciglio, chiede al commesso il tabulato delle votazioni. Lo legge con attenzione e fa qualche sottolineatura. Ora vado dove devo andare». Ma c’è anche un avvertimento: «Non ho detto tutto, ci sono ancora approfondimenti da fare con i pubblici ministeri», conclude. Oggi è probabile che venga interrogato dal giudice Simonetta D’Alessandro. All’interrogatorio potrebbe prendere parte anche il pm Stefano Pesci, titolare del procedimento, coordinato dall’aggiunto Alberto Caperna, che è costato già gli arresti domiciliari alla moglie di Lusi, Giovanna Petricone. Al voto in Senato non ha partecipato l’ex segretario della Margherita e amico di Lusi Francesco Rutelli. «È andata come doveva andare», commenta il leader della Lega Roberto Maroni, «l’arresto è sempre una brutta cosa Lega, ma non c’era alternativa».
Per quanto riguarda il Pdl erano almeno 22 i senatori, tra cui l’ex Guardasigilli Nitto Palma e l’ex ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, a volere il voto segreto. Da qui la decisione del gruppo di non partecipare al voto sull’arresto di Lusi. Il “compromesso” è arrivato dopo una lunga e tesa riunione. Chi intendeva “salvare” l’ex tesoriere della Margherita, riferiscono fonti parlamentari del Pdl, ha avuto contatti nel pomeriggio anche con Silvio Berlusconi. L’ex premier ha manifestato dei dubbi sulla possibilità di concedere il via libera alla detenzione e sullo strumento del voto palese. Non che l’ex presidente del Consiglio non riconosca le colpevolezze dell’esponente della Margherita, « ma è sbagliato - ha spiegato al telefono ad alcuni senatori - farsi intimidire dai magistrati, io sono sempre stato contrario alla carcerazione preventiva».
Articolata l’analisi del l presidente dei senatori dell’Italia dei Valori, Felice Belisario: «Dal voto sono emersi in modo netto tre dati: primo, finalmente c’è stato il voto palese cosicchè ognuno si è dovuto assumere le propria responsabilità senza nascondersi dietro all’odioso voto segreto. Secondo, il Pdl ha fatto come Ponzio Pilato con un comportamento molto grave, che gli italiani sapranno valutare, mentre solo due settimane fa ha salvato uno di loro, De Gregorio. Terzo, il Parlamento ha ora il preciso dovere di approvare subito una legge che abolisca il finanziamento pubblico e la politica deve imparare a rispettare le regole».(cr.re.)
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