PERDONANZA CELESTINIANA

Messaggio alla città: «La Bolla dono unico per gli aquilani»

L’AQUILA. «Se saremo fedeli alla grazia della Perdonanza, anche questa chiusura della monumentale basilica di Collemaggio costituirà un tratto pasquale, quindi, sofferto e maturante, del nostro...

L’AQUILA. «Se saremo fedeli alla grazia della Perdonanza, anche questa chiusura della monumentale basilica di Collemaggio costituirà un tratto pasquale, quindi, sofferto e maturante, del nostro itinerario di santità. L’inagibilità di questa bellissima “chiesa fatta di pietre” ci chiama a lavorare ancora più intensamente, per dilatare e consolidare la Chiesa-comunione, fatta di persone».

Questo un passaggio del messaggio dell’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Petrocchi, che si rivolge all’arcidiocesi a pochi giorni dall’inizio della 719ª edizione della Perdonanza Celestiniana. In relazione alla chiusura della basilica per un «concreto pericolo» di crolli in caso di nuove scosse sismiche, Petrocchi invita a impegnarsi ancora di più per cogliere al meglio il significato spirituale dell’evento celestiniano.

«Nella più importante testimonianza agiografica sul Santo, quella che è ormai da tutti conosciuta come Vita C, scritta da due compagni di Pietro del Morrone, Bartolomeo da Trasacco e Tommaso da Sulmona», scrive Petrocchi, «si afferma che Celestino V concesse un grande perdono non solo nel giorno della sua coronazione, ma anche nel giorno ottavo di quell’evento solennissimo. Egli aprì – dicono ancora i due biografi – il tesoro della misericordia, che Cristo gli aveva affidato, e ne dispensò con grande larghezza a tutti coloro che si erano confessati e veramente pentiti: molti, udendo che il padre delle misericordie aveva aperto il tesoro della misericordia, accorsero da lontano, desiderosi di potersi abbeverare a tale fonte. Quella celebrazione, secondo il volere dell’anziano Pontefice, avrebbe dovuto ripetersi ogni anno, come puntualmente avviene ormai da più di sette secoli. Papa Celestino fu dunque – e tale si mostrò al mondo – vero dispensatore della misericordia di Dio. Egli era ben consapevole che l’amore di Dio ci precede, perché «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Siamo ancora oggi depositari di questo inestimabile dono celestiniano: infatti, la Bolla Inter sanctorum solemnia, con la quale il Papa proclamava il grande perdono, è sempre rimasta all’Aquila, poiché i nostri predecessori rifiutarono di aderire all’intimazione di Bonifacio VIII che ne richiedeva l’immediata riconsegna. Tale inesauribile fonte di “grazia” costituisce per tutti gli aquilani un privilegio unico, ma anche una grande responsabilità, perché il dono ricevuto si trasformerebbe in condanna qualora non lo valorizzassimo appieno».

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