NECROPOLI ROMANA
Necropoli romana scoperta nel Fucino
Tomba con 2 fratellini abbracciati Ritrovate anche collane e monete
CELANO. Erano uno accanto all’altro, con le testoline accostate, uniti per sempre dai secoli e da un crudele destino comune. Sono stati ritrovati così i resti di due fratellini, all’interno di una tomba di età imperiale. La necropoli, riportata alla luce dagli archeologi della soprintendenza d’Abruzzo nel Fucino, è stata scoperta durante i lavori di realizzazione di un acquedotto. Quella dei due bambini è solo una delle numerose tombe rinvenute nel sito archeologico a ridosso della Tiburtina. Sono tornati alla luce anche oggetti di ornamento e culto come vasellame, bracciali, collane e monete.
La meticolosità nella realizzazione delle tombe, la cura del dettaglio e la premura con cui i corpi sono stati adagiati sul fondo delle sepolture sono le tracce più evidenti di un passato di devozione per il prossimo e per i defunti. La necropoli risale al II o al III secolo dopo Cristo. Il ritrovamento durante la realizzazione di un acquedotto.
Il Consorzio di bonifica, infatti, stava eseguendo degli scavi per la messa in cantiere di grosse tubature, quando sono spuntati i reperti. Grazie alla collaborazione tra Consorzio e Soprintendenza dei beni archeologici d’Abruzzo è stato avviato l’intervento di recupero dei reperti. Il Consorzio ha finanziato la campagna di scavi. La necropoli romana sorge nei pressi della Tiburtina.
«Probabilmente nei paraggi», ha spiegato Emanuela Ceccaroni, assistente tecnico-scientifico della Soprintendeza archeologica d’Abruzzo, «c’erano degli insediamenti di epoca romana».
Gli scavi sono condotti dagli archeologi Daniela Villa e Hermann Borghesi. Sono una quindicina per il momento le tombe tornate alla luce. Tra le tipologie prevale quella alla cappuccina, ma non mancano sepolture a forma rettangolare.
Tra tutte, però, quella che ha stupito di più gli archeologi è la tomba contenete il corpo di due bambini, probabilmente un maschietto e una femminuccia, forse fratello e sorella.
Non sono ancora chiare le cause della morte. Potrebbero essere attribuite, però, a un incidente o forse a una malattia. Sembra da escludere l’ipotesi secondo la quale la tomba è stata riaperta per deporre il secondo corpicino. Di certo, però, la scena che gli archeologi si sono trovati di fronte è stata struggente. I corpicini sono uno accanto all’altro, con il capo leggermente sollevato.
Numerose invece le tombe di adulti. Non è stata difficile la datazione, anche grazie al ritrovamento di alcune monete all’interno delle sepolture.
Si tratterebbe dell’“obolo di Caronte”, un pedaggio per l’aldilà proprio del rituale funerario.
Un uso che perdura in epoca cristiana ma ereditato dal rito pagano. Veniva posta in bocca o accanto al defunto una moneta con cui, secondo alcuni studiosi, si sarebbe pagato nell’aldilà il temibile traghettatore d’anime sul fiume Acheronte. Secondo altri, però, il significato di tale moneta rimane ancora oscuro.
Tra gli altri oggetti rinvenuti ci sono anche bracciali, decorazioni di vetro, di ceramica e bronzo, tutti a corredo di ogni sepoltura.
Le tombe verranno rimosse e trasportate in uno dei musei abruzzesi.
La meticolosità nella realizzazione delle tombe, la cura del dettaglio e la premura con cui i corpi sono stati adagiati sul fondo delle sepolture sono le tracce più evidenti di un passato di devozione per il prossimo e per i defunti. La necropoli risale al II o al III secolo dopo Cristo. Il ritrovamento durante la realizzazione di un acquedotto.
Il Consorzio di bonifica, infatti, stava eseguendo degli scavi per la messa in cantiere di grosse tubature, quando sono spuntati i reperti. Grazie alla collaborazione tra Consorzio e Soprintendenza dei beni archeologici d’Abruzzo è stato avviato l’intervento di recupero dei reperti. Il Consorzio ha finanziato la campagna di scavi. La necropoli romana sorge nei pressi della Tiburtina.
«Probabilmente nei paraggi», ha spiegato Emanuela Ceccaroni, assistente tecnico-scientifico della Soprintendeza archeologica d’Abruzzo, «c’erano degli insediamenti di epoca romana».
Gli scavi sono condotti dagli archeologi Daniela Villa e Hermann Borghesi. Sono una quindicina per il momento le tombe tornate alla luce. Tra le tipologie prevale quella alla cappuccina, ma non mancano sepolture a forma rettangolare.
Tra tutte, però, quella che ha stupito di più gli archeologi è la tomba contenete il corpo di due bambini, probabilmente un maschietto e una femminuccia, forse fratello e sorella.
Non sono ancora chiare le cause della morte. Potrebbero essere attribuite, però, a un incidente o forse a una malattia. Sembra da escludere l’ipotesi secondo la quale la tomba è stata riaperta per deporre il secondo corpicino. Di certo, però, la scena che gli archeologi si sono trovati di fronte è stata struggente. I corpicini sono uno accanto all’altro, con il capo leggermente sollevato.
Numerose invece le tombe di adulti. Non è stata difficile la datazione, anche grazie al ritrovamento di alcune monete all’interno delle sepolture.
Si tratterebbe dell’“obolo di Caronte”, un pedaggio per l’aldilà proprio del rituale funerario.
Un uso che perdura in epoca cristiana ma ereditato dal rito pagano. Veniva posta in bocca o accanto al defunto una moneta con cui, secondo alcuni studiosi, si sarebbe pagato nell’aldilà il temibile traghettatore d’anime sul fiume Acheronte. Secondo altri, però, il significato di tale moneta rimane ancora oscuro.
Tra gli altri oggetti rinvenuti ci sono anche bracciali, decorazioni di vetro, di ceramica e bronzo, tutti a corredo di ogni sepoltura.
Le tombe verranno rimosse e trasportate in uno dei musei abruzzesi.